Milano 4 Gennaio – La Teresa, la figlia zitella trendy Mabilia, il Giovanni, anzi il Giùan, le tre maschere familiari della sociologia brianzola, riflessi di una società partita dal cortile e arrivata alla crociera, con tutto il grottesco clan del teatro dialettale, sono pronti al nuovo colpo: «I Colombo viaggiatori», così si chiama la nuova rivista in scena al Teatro Nazionale dal 4 gennaio. «Sono 17 anni che mi vesto da Teresa, per mia moglie sono ormai intercambiabile», dice Antonio Provasio che ha preso il posto di Felice Musazzi, la cui figlia Sandra rimane direttore artistico «garante» delle radici, così come Enrico Barlocco, nipote di Tony, la prima indimenticabile Mabilia, è produttore.
Ancora una volta luci, fasto, scenografie, battute di sociologia spicciola su vegani e vegetariani, poi samba di Carnevale per tutti con ragazzi scatenati e pazzi di paillettes. L’anno scorso 31 teatri e 105mila spettatori, il record cui il gruppo è abituato fin dal primo debutto milanese nel 1958. «Questa volta parliamo di adozione a distanza, ci arriva il bambino dal Brasile, ma scopriamo il ricco Paolo Roberto Josè Amarildo Santos do Nascimiento, detto Gegè, che ci porta in Brasile sulla nave, così Enrico Dalceri potrà scatenarsi nel finale del primo tempo tutto “brasileiro”. Omaggiando perfino il Cacao Meravigliao, Arbore ci ha dato il permesso e verrà anche a vederci: del resto Mariangela (Melato, ndr) era una fan dei Legnanesi». Nel secondo tempo, la Maby canta con i boys «Dimmi perché», i Colombo tornano a casa dopo la crociera con gaffes e certo, dalla famiglia di Giovanni (Luigi Campisi), un saggio proposito di buon senso pop: bello viaggiare, ma meglio il cortile. Finale in smoking, via il trucco, tutti e 20 sotto le stelle.
«Ci piace lo show», dicono i tre protagonisti, «abbiamo già fatto recite lombarde ma anche a Bologna, andate benissimo». Infatti le tournée legnanesi ormai toccano l’«estero»: Firenze, Genova, Torino, Reggio Emilia, manca di tornare a Roma e poi la conquista di Napoli che è l’ultima frontiera. Ma cosa è cambiato dai tempi mitici dell’Odeon? «La comicità è più veloce, abbiamo reso la rivista più vicina al cabaret ma senza stravolgerla, ringiovanendo un po’ lo stile e abbassando il target in platea, conservando lo zoccolo duro over cinquanta ma conquistando anche molti bambini e acquistando la simpatia dei giovani che prima non ci conoscevano. La cosa bella è non aver disperso il patrimonio culturale di Musazzi anche se quei cortili e quelle Terese nati nel 1949 non ci sono più, sono solo un’utopia, ma almeno non restiamo appesi tutto il giorno solo al telefonino».
E l’avvertimento per i soliti sospetti: «I Legnanesi non parlano di politica, ma solo di ciò che succede tra la gente».
Maurizio Porro (Corriere)
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