Milano 9 Gennaio – Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sul fatto che all’attuale amministrazione non sia certo bastato indossare come foglia di fico un manager quale è Sala per rimarcare un discontinuità con la giunta Pisapia, non dovrebbe fare altro, per convincersene, che guardare le novità in tema di (im)mobilità messe in cantiere per il 2017.
Degli assurdi inasprimenti di Area C, che riguardano perfino le stesse vetture a gas incentivate dalla regione, di fatto lasciando “liberi” solo i giocattoli elettrici (utilitarie con cento chilometri di autonomia, ore per esser ricaricate e un costo superiore ai trentamila euro) dei benestanti radical chic, s’è già abbondantemente detto: è una sesquipedale scemenza, oltre che un provvedimento di raro sadismo verso i cittadini che lavorano e, in particolare, verso coloro che hanno investito per acquistare un automezzo che fosse in grado di soddisfare le pretese e le fantasie di chi governa Milano.
Ma il peggio deve ancora venire, perché, come regalo per le festività che si sono appena esaurite, l’amministrazione Sala fa trovare sotto l’albero (o, forse, meglio dire nella calza, visto che si tratta di un sacco di immeritato carbone) ai milanesi altre mostruosità, ovviamente gabellate come miglioramento dei vari servizi: innanzitutto, aumentano, per la seconda volta in due anni, le tariffe della sosta, e questa volta senza risparmiare alcuna zona o categoria di utenti.
Si tratta di aumenti davvero elevati (dal trenta al cinquanta percento), in un momento economicamente già difficile e in cui le entrate dei cittadini non crescono di pari passo, semmai l’esatto opposto: il Sindaco Sala, troppo impegnato ad autosospendersi per poi autosospendere l’autosospensione, e gli assessori Granelli, Maran e Majorino, concentrati a discettare di sociologia, integrazione e tutto il repertorio sessantottardo d’ordinanza, probabilmente non se sono accorti, ma ormai da anni è in atto anche il blocco dell’adeguamento delle pensioni.
Inoltre, e questa è la cosa più vergognosa, sono previsti aumenti anche per gli abbonamenti di chi lascia la propria vettura nei parcheggi di corrispondenza e poi si sposta in città coi mezzi pubblici e, addirittura, per quelli riservati ai cosiddetti “turnisti”, i quali spesso si spostano in orari in cui i trasporti pubblici funzionano ad orario ridotto o sono proprio fuori servizio.
Nel primo caso, è evidente, da un lato, la volontà del Comune di fare cassa e, dall’altro, quella di penalizzare sempre, comunque e a prescindere chi in qualche modo faccia uso dell’automobile, in modo da soddisfare l’odio ideologico che anima parte dell’elettorato radical chic della sinistra milanese.
Nel secondo caso, invece, è palese il totale distacco dalla realtà di chi governa la città meneghina, perché, altrimenti, penalizzare i turnisti, che a differenza di quel che probabilmente pensa l’assessore competente non sono tali per divertimento, capriccio o turbamento psichico, sarebbe un’operazione di puro sadismo: in altre parole, è il tipico prvvedimento di chi ama parlare di lavoro in modo astratto e idealizzato, ma non ha la minima conoscenza diretta di quello vero, praticato, con tutti i problemi e le difficoltà connesse, a partire da esigenze di mobilità che contrastano con l’idea totalmente utopistica di città che la sinistra milanese sta cercando di costruire, chiaramente in danno di chiunque non sia abbastanza abbiente da potersi permettere almeno di lavorarci.
Ma non basta, perché, accompagnata dalla grancassa mediatica degli aedi in servizio permanente effettivo dell’amministrazione progressista, a partire dalla Pravda di via Solferino, è in arrivo una “rimodulazione” (a sinistra non “tagliano” servizi o aumentano prezzi, “rimodulano”…) del servizio ATM.
La grande stampa nazionale, sempre molto ligia alle veline del minculpop progressista, ha elogiato il fatto che la prima corsa di alcune delle linee della metropolitana sia stata anticipata, mediamente, di una quindicina di minuti, tacendo però che, contestualmente, sono state ridotte le corse in altri orari e soppressi molti autobus notturni.
Granelli, visto che la circostanza per fortuna non è sfuggita a tutti e gli è stata (timidamente) contestata, si è giustificato precisando che la “rimodulazione” avrebbe consentito, sopprimendo corse poco frequentate (si parla di “sette passeggeri” per alcune di esse), di migliorare l’efficienza globale del servizio senza aumentare il costo del biglietto.
Il discorso, in astratto, sarebbe anche sensato, a parità di risorse il Comune ottimizza gli orari in modo da cercare di venire incontro al più ampio ventaglio di esigenze (che è quello che un’amministrazione seria dovrebbe saper fare, anzichè imporre ai cittadini scemenze ideologiche con pedanti intenti pedagogici da gulag sovietico) senza chiedere nuovi esborsi ai cittadini.
Il problema è che il bel discorso dell’assessore alla mobilità va contestualizzato nella situazione milanese attuale, cosa che la sinistra che amministra la città non è avvezza a fare, visto che è solita governare applicando preconcetti astratti di valore anziché guardare in faccia la realtà che, spesso, è ben diversa da quanto teorizzato dagli intellettualoidi che vivono chiusi nelle loro torri d’avorio rifiutando di contaminarsi con quel mondo a cui pretendono ogni santo giorno di impartire pedanti e moralistiche lezioncine.
Nella fattispecie, la “rimodulazione” delle corse ATM va “letta” insieme all’inasprimento delle regole di Area C, nonché all’aumento esorbitante del costo della sosta di cui s’è detto sopra.
In altre parole, il taglio delle linee notturne, a fronte delle ulteriori e rigide vessazioni introdotte nei confronti degli automobilisti, non è sensato né giustificato, per il semplice motivo che ATM non aumenterà il prezzo del biglietto (comunque, la prima decisione di Pisapia nel 2011 fu di aumentarlo del 50%), ma il Comune in ogni caso limita le possibilità di movimento dei cittadini e li dissangua economicamente. E’impensabile, infatti, che, per fanatici e invasati di ideologia che siano, i vari Granelli, Maran e Majorino davvero non arrivino neppure a sospettare che chi del mezzo di trasporto privato non può fare a meno per riuscire a svolgere il proprio lavoro non rinuncerà ad usarlo (non avendo alternative), ma seplicemente subirà questi ulteriori rincari come un ennesimo, odioso balzello su quel lavoro che la sinistra urla sguiatamente di voler tutelare quando non governa, ma che cerca di affossare in tutti modi appena ne ha la concreta l’occasione.
Per cui, al netto di tutte le chiacchiere sociologiche con cui la sinistra a sei anni stordisce i cittadini ammaliandoli con definizioni ed espressioni tanto affascinanti quanto inconferenti, quello operato da ATM è un taglio del servizio a fronte di un inasprimento dei costi della mobilità per i cittadini: se un turnista, per esempio, fino ad ora, ipoteticamente parlando, fosse riuscito a muoversi con i mezzi sfruttando le poche corse e linee notturne esistenti, ora magari non potrà più farlo, ma se il suo turno inizia in un orario in cui sono ancora attive Area C e pure la sosta a pagamento, si cuccherà gli aumenti imposti dal Comune a fronte della rinuncia impostagli a poter usare i mezzi pubblici.
Non si può, quindi, parlare di razionalizzazione, ma, per l’appunto, di tagli ai servizi e aumento dei costi, seppur conditi dal solito effluvio di quelle sesquipedali panzane sociologiche per inventare la quali la sinistra, da sempre, dispone di una scienza inarrivabile; forse perché, nella sua lunga storia, non ha saputo produrre molto altro e, quindi, si è specializzata sul pezzo.
Nel momento in cui il Comune rende impossibile l’uso dell’auto privata perché onerosissimo, automaticamente diventano indispensabili anche i mezzi pubblici che trasportano solo sette persone a corsa, perché in qualche modo anche quelle sette persone devono potersi spostare, se ne hanno esigenza. E per esigenza si intende soprattutto il lavoro, non i capricci, come forse pensano coloro che amministrano Milano, un po’ troppo abituati a prendere sé stessi e le parti più fanatiche del loro elettorato come unici modelli virtuosi possibili.
I nostalgici del vetero marxismo anticapitalista che hanno visto crollare, insieme al muro di Berlino, le certezze cui hanno dedicato un’intera vita e ora sono in cerca di vittorie tardive nel disperato tentativo di individuare giustificazioni al tempo sprecato a inseguire malsane ideologie, nonché i giovani cresciuti alla pessima scuola del collettivismo (con i suoi cattivi maestri) e, pertanto, ebbri di fanatismi e utopie impraticabili, proveranno un autentico solluchero nel veder ancora una volta penalizzati gli odiati automobilisti (che poi siano lavoratori o persone con esigenze vere non è un loro problema), ma gli unici a guadagnare davvero da queste dissennate politiche saranno gli operatori dei vari car sharing privati, cioè gli unici rimasti sul mercato dopo che la sinistra collettivista ha, con la solita coerenza, scaricato “Guidami”, l’unico car sharing pubblico che (pur con prezzi ingiustificati e sicuramente da “rimodulare”, ma questa volta verso il basso), come tale, avrebbe avuto senso di esistere dal punto di vista delle politiche praticate da Maran prima e Granelli poi.
Invece, ed è su questo aspetto che si vuole provare a stimolare la riflessione non solo dei milanesi, ma anche di tutti coloro che a Milano lavorano pur vivendo fuori, il Comune di fatto espropria i cittadini da ciò che è loro come nella peggior Cina statalista, in questo caso le strade impedendone l’uso alle autovetture private, li priva dei mezzi pubblici nonostante li massacri di tasse e balzelli, e poi li obbliga a rivolgersi a operatori privati che forniscono servizi di mobilità anche validi, ma sicuramente a prezzi salatissimi e, comunque, inidonei a soddisfare tutte le esigenze di un cittadino lavoratore.
Questi operatori formalmente sono convenzionati con il Comune, ma di fatto pagano per poter poi praticare politiche completamente libere, al di là delle chiacchiere di facciata contenute nei bandi comunali buone per i trattati di sociologia e non certo per amministrare: per cui, non garantiscono un minimo, qualitativo e quantitativo, di servizio, ma mettono sovrapprezzi sulle zone di periferia, impongono tariffe elevate perché propongono veicoli di lusso, ecc.
E l’amministrazione impiega i soldi ricevuti da questi operatori per confezionare nuove angherie per limitare ulteriormente la mobilità sia privata sia pubblica, il tutto sempre a vantaggio di servizi privati apparecchiati da multinazionali.
In altre parole, il Comune di Milano applica ai cittadini regole del più bieco stampo collettivistico nel momento in cui si tratta di riscuotere i balzelli e amministrarne la libertà, ma regole di carattere ultra liberista quando si tratta di erogar loro servizi, visto che, di fatto, mentre spende i loro soldi per rieducarli alle ideologie progressiste mediante iniziative di nessun costrutto e sostanza (esibizioni di cuochi migranti, politiche di integrazione basate su feste nella quale finiscono per dettar legge proprio i delinquenti, ecc.), impone loro di rivolgersi al mercato più costoso per ottenere quel minimo di servizi per cui hanno già pagato fior di quattrini.
In questo modo, prosegue l’opera di costruzione di una città utopistica ed elitaria cui mirano le elite intellettualoidi progressiste, con tanti saluti a chi la città la costruisce ogni giorno con il lavoro, sempre più osteggiato proprio da chi dovrebbe, invece, promuoverlo.
Milanese di nascita (nel 1979) e praticante la milanesità, avvocato in orario di ufficio, appassionato di storia, Milano (e tutto quel che la riguarda), politica, pipe, birra artigianale e Inter in ogni momento della giornata.
Mi improvviso scribacchino su Milano Post perché mi consente di dar sfogo alla passione per Milano e a quella per la politica insieme.