Milano 16 Gennaio – Cambiano le regole su malattie e permessi nella Pubblica amministrazione. È uno degli effetti collaterali dell’accordo firmato lo scorso 30 novembre tra i sindacati e il governo per il rinnovo dei contratti. In quel documento è stato inserito un inciso che impegna le parti a riaprire il confronto, fermo ormai da tempo, sulla questione delle malattie, dei permessi e dei congedi. L’intenzione, a questo punto, sarebbe quella di risolvere anche questi aspetti direttamente nei contratti dei quattro comparti della Pubblica amministrazione che i sindacati dovranno discutere al tavolo con l’Aran, l’Agenzia pubblica che si occupa di contrattazione, e che sarà convocato non appena il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, avrà emanato il suo atto per dare un indirizzo alla nuova tornata contrattuale. Ma quali sono le novità attese? In realtà, l’Aran e i sindacati hanno avviato un confronto sul tema delle assenze per malattia, sui permessi e sui congedi, già dal 2014. Si è anche arrivati a mettere alcuni punti fermi che, a questo punto, dovrebbero essere posti alla base anche del nuovo contratto. Il primo aspetto riguarda le assenze per malattia, nel caso specifico in cui il dipendente pubblico abbia la necessità di dover effettuare una visita specialistica o delle analisi.
IL SISTEMA
Attualmente ci sono tre modi per potersi assentare per le visite mediche o per gli accertamenti. Il primo è prendere una giornata di malattia. Il secondo è utilizzare un giorno di ferie e il terzo è usare il permesso orario nel limite delle 18 ore annuali, che però non è specificamente destinato a queste esigenze ma copre anche tutte le altre necessità del lavoratore. La soluzione individuata e che potrebbe essere recepita nel contratto, prevede un’altra strada, ossia la possibilità di spacchettare in ore l’assenza per malattia. Se si hanno bisogno di due ore per effettuare una visita specialistica, o di un’ora a settimana per effettuare una determinata terapia, non sarà più necessario giustificare l’intera giornata, ma ci si potrà assentare soltanto per le ore necessarie giustificandole con la certificazione dello specialista o del terapista. Questa possibilità, tuttavia, non sarebbe senza limiti. Ci sarebbe comunque un contingentamento, un tetto che rientrerebbe anche nel cosiddetto «periodo di comporto», il tempo massimo di assenza entro il quale il dipendente pubblico ha diritto allo stipendio e alla conservazione del posto di lavoro. Attualmente è di 18 mesi (raddoppiabili in alcuni casi gravi, ma senza stipendio), con i primi 9 mesi a retribuzione piena. Le assenze per malattia frazionabili costituirebbero una quota massima, per esempio un mese, all’interno dei primi 9 mesi del periodo di comporto.
IL CONTEGGIO
Dal periodo di comporto, poi, verrebbero esclusi in ogni caso le terapie salvavita, come per i malati di tumore. Il tempo impiegato per curarsi da malattie gravi, insomma, non rientrerebbe mai nel conteggio dei giorni massimi di assenza per malattia consentiti. Un altro punto che potrebbe essere affrontato, riguarda la legge 104, quella per l’assistenza dei familiari disabili. Non si toccherebbero i principi fondamentali dell’istituto, che è regolato dalla legge, ma solo alcuni aspetti organizzativi. In pratica sarebbe chiesto ai dipendenti che la utilizzano di comunicare preventivamente al datore di lavoro i periodi di assenza, in modo da permettere una programmazione del lavoro.
Sulla malattia degli statali sono attese anche altre novità, da tempo annunciate, ossia la stretta sulle assenze seriali e quelle di massa. Inizialmente il ministro Madia aveva indicato l’intenzione di regolare la materia per legge, ma adesso si prenderebbe una strada diversa: una regolazione minima nel decreto sul lavoro statale che sarà varato a febbraio, per poi lasciare spazio alla contrattazione con i sindacati. Non a caso nell’accordo di novembre è stata inserita la volontà di contrastare i «fenomeni anomali di assenteismo». L’arma legislativa, dovrebbe essere comunque quella di specificare che tra i motivi di licenziamento ci saranno anche le assenze seriali (il caso è quello dei lunedì o dei giorni prefestivi) e quelle di massa.
Andrea Bassi (Il Messaggero)
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