Milano 16 Gennaio – Articolo di Emanuele Boffi tratto dal numero di Tempi in edicola.
Chi può dare torto a Susanna Tamaro? «L’educazione è la vera e grande emergenza nazionale» ha scritto sul Corriere della Sera. E ha parlato proprio di “educazione” e non di “istruzione”, perché la prima si occupa di «formare, con l’insegnamento e con l’esempio, il carattere e la personalità dei giovani, sviluppando le facoltà intellettuali e le qualità morali secondo determinati princìpi», la seconda si limita a «far apprendere a qualcuno le nozioni di una disciplina».
Dunque ha ragione la scrittrice a sottolineare come oggi il problema principale – nella scuola ma non solo, nei confronti dei giovani ma non solo – è che sia riconosciuto un «principio ormai scomparso da ogni ambito della vita civile: il principio di autorità». Eppure. Come è possibile oggi ristabilirne il rispetto in un mondo che non riconosce alcun valore alla tradizione, nessuna verità, nessuna evidenza? Nel suo tentativo di debellare l’autoritarismo, il relativismo ha finito per consegnarci un mondo di cartapesta, preda della dittatura della maggioranza o della legge della giungla, dove a decidere è ancora il più forte.
L’autorità non può essere dunque ripristinata con procedure (il politicamente corretto), per imposizione (autoritarismo) o con richiami moralistici (clericalismo). Autorevole può essere considerato solo chi comunica un senso del vivere che sia verificabile dall’interlocutore. Il punto, quindi, non è trovare i princìpi su cui siamo tutti d’accordo (impossibile), ma sapere per cosa si vive e essere disposti a metterlo al vaglio dell’esperienza altrui. Il rimedio alle bolle della post-verità non sono i decaloghi europei o grillini, ma uomini liberi che ci spronino a verificare (cioè rendere vero per noi) quel che ci dicono.
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