Milano 31 Gennaio – La crisi è diffusa e difficile da superare e manca la collaborazione degli Enti locali, questo il parere di Mirco Rota segretario della Fiom Lombardia. L’analisi della situazione è di Luca De Vito su Repubblica “Fabbriche che chiudono, interi settori di produzione che scompaiono, migliaia di lavoratori licenziati. La crisi per il settore industriale in Lombardia non si è mai fermata, come dimostrano i dati della Fiom sugli esuberi in regione. Negli ultimi tre anni ci sono stati circa 19mila metalmeccanici licenziati, di cui 4.827 nell’arco del 2016. Numeri che parlano di una crisi difficilissima da superare e di cui si fatica a vedere la fine: nel solo mese di dicembre scorso ci sono stati 627 licenziamenti, di cui solo 176 nel distretto milanese.
Milano è sicuramente la provincia più colpita con 1.374 richieste di messa in mobilità nel 2016, seguita da Varese (696), Lecco (654), Bergamo (591), Brescia (467), Monza Brianza (411), Como (247), Pavia (171). Andando a ritroso fino al 2014 si vede l’emorragia più grave, quella che nell’arco di 12 mesi ha portato alla perdita di oltre ottomila posti di lavoro.
Il numero di licenziamenti è la spia di un fenomeno di trasformazione che sta profondamente cambiando il volto produttivo del territorio. Ad esempio l’industria degli elettrodomestici è praticamente scomparsa dalla Lombardia, rimane solo qualcosa a Varese e a Brugherio con la Whirpool e la Candy. Per il resto la produzione è volata via, sotto la spinta di una delocalizzazione massiccia e senza compromessi: dalla Cina alla Turchia, i grandi marchi dell’elettrodomestico sono ancora vivi e vegeti ma producono ben lontano dalle valli lombarde.
Non se la passa tanto bene neanche il settore dell’informatica e delle telecomunicazioni, dove da un pezzo non si vedono più investimenti. Secondo una stima dei sindacati sono circa duemila i lavoratori a rischio su un totale di circa 15-20mila metalmeccanici attivi in questo particolare settore. Un altro ambito su cui si attendono profonde trasformazioni è quello dell’auto: se è vero che in Lombardia non si fanno automobili è altrettanto vero che c’è una grandissima tradizione in tutta quella che è la componentistica. E con una rivoluzione della mobilità alle porte – dalla crescita delle auto elettriche fino alle macchine che si guidano da sole – cambierà anche il modo di fare freni, sospensioni, gomme e quant’altro. “Purtroppo nessuno sta facendo ragionamenti di questo tipo – dice Mirco Rota, segretario della Fiom Lombardia – . Bisognerebbe giocare d’anticipo e, anche dal punto di vista della Regione, delle università e della Confindustria, si dovrebbero stimolare azioni rapide”.
Di situazioni delicate sparse sul territorio ce ne sono ancora tantissime: dalla Alstom Generale Electrics di Sesto San Giovanni alla Linkra, dalla Belleli alla Franco Tosi di Legnano.
“I problemi non sempre sono frutto di scelte sbagliate degli imprenditori – aggiunge Rota – a volte sono frutto di scelte obbligate. Il punto è che manca un piano per la competitività e non si sa in che direzione andare. In Francia e Germania, ad esempio, gli enti locali fanno parte del board delle grandi aziende, non tanto per controllarle quanto per conoscere le loro esigenze e le strategie aziendali. Una riflessione che da noi non è mai neanche cominciata”.
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