L’Assessore fuori posto

Milano

Finirà tutto a tarallucci e vino, ma stavolta sarà un vero peccato. L’assessore Cocco aveva, ed ha ancora per qualche ora, la grande, irripetibile, opportunità di scrivere la storia di una battaglia di civiltà. La vicenda è nota, lei si è detta disponibile a rendicontare ogni euro preso mentre è in carica, ma con altrettanta determinazione, si è detta del tutto indisponibile a dar conto di quanto guadagnava prima. E ne ha ben donde. La riservatezza non è solo un bel principio, da sbandierare quando qualcuno viola la tua posta elettronica. E non è nemmeno qualcosa che lo stato debba, magnanimamente, regalare ad alcuni meritevoli cittadini. A seconda di come si intende il rapporto con lo stato stesso è la prima condizione di tutela presente nel contratto sociale, l’ultima riserva difesa quando si è ceduta la propria libertà e condizione necessaria per mantenere la propria individualità. Tutto questo non si esercita solo contro il Leviatano. Ma anche, vorrei dire soprattutto, contro i piranha che infestano le acque della nostra vita. Se non possiamo impedire il pettegolezzo, non ci è concesso sparire, abbiamo tutto il diritto di difenderci dal tentativo dello Stato di gettarci in pasto ai voyeur. Anche perché, sia chiaro, la privacy è questione prima di tutto di sicurezza. Sapere troppo sulle entrate, la loro consistenza e sulla loro origine non dà alcun vantaggio al cittadino onesta, ma ne dà anche troppi ai delinquenti. E, soprattutto, non ha alcun senso. È un problema tra lei, l’Agenzia delle Entrate e Dio. Ma no, a 25 anni da Tangentopoli, ancora non abbiamo imparato la lezione. Vogliamo umiliarli. Li vogliamo poveri, ma poi ci rifiutiamo di pagarli per quello che valgono. Li vogliamo impotenti, ma poi ci aspettiamo che risolvano ogni nostro problema. Li vogliamo disinteressati, ma poi diventiamo immediatamente sospettosi delle reali motivazioni.

Era una buona battaglia, combattuta per buoni motivi. Ma, ovviamente, è caduta nell’atroce equivoco che permea l’amministrazione Sala. Il Sindaco gioca a fare il tecnico moderato e liberale. Ma in maggioranza comandano Majorino e Bussolati. E deve fare i conti con Limonta. Quindi, Sala può essere quello che vuole, ma resta l’Amministratore Delegato di una società. Sono i suoi soci che comandano. E ad questi, del liberalismo, non frega nulla. Le sue dimissioni, subito bloccate, sarebbero state un segno di rottura di una donna libera, una professionista che è là a fare un lavoro non a rappresentare un bersaglio mobile per la rabbia di una minoranza astiosa. Forza Assessore, si dimetta. Mandi a quel paese questa Giunta, i loro elettori e tutto il baraccone. Non sono alla sua altezza e la città non la merita. La sua dignità vale molto, ma molto di pià di questa compagnia di giro.

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