RomaPost: Berdini sta alla Raggi come Verdini sta a Renzi

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Milano 17 Febbraio – Dopo 3 trimestri di continue gaffe grilline, di fronte alla prima questione seria, l’ipotesi della costruzione dello Stadio della Roma a Tor di Valle, la giunta penta stellata ha cercato di smettere di scherzare. Cominciando con lasciare da parte l’incauta sindaca Raggi.

Stadio della Roma_3_mediagallery-pageQuella che è la riproposizione a Roma dell’exploit Expo di Milano, un Colosseo di acciaio e vetro avvolto da un trasparente di pietra alto 21 metri, collocato tra GRA, autostrada per l’aeroporto di Fiumicino, Ostia e Magliana, alla fine è stata condivisa. Il dossier enciclopedico di 53.500 pagine, 3.500 disegni e 50mila relazioni è stato tagliato di un quarto. Stesso taglio per i 10 miliardi di investimenti, 20mila posti di lavoro, 500 milioni di salari, 4 milioni ton di materiali, 52.500 spettatori, 430mila mq di parcheggi per 18.800 mezzi, 89 ettari di verde, 3 nuovi ponti sul Tevere, 64 mesi di costruzione, 3 torri commerciali e concessione di 600 mila mcubi. E probabilmente per i 5100 dipendenti di Convivium, Business Park e Stadio; e del grosso degli occupati, 15mila, dei centri commerciali. L’interrogativo è se il 25% in meno toccherà ugualmente i 400 milioni destinati allo Stadio o i 2 miliardi del Progetto privato

Purtroppo la prima grande questione seria è andata a scontrarsi con il più serio degli assessori della Raggi, l’assessore all’urbanistica,  espressione della volontà, inclinazione e mentalità di parte dell’elettorato grillino. Berdini è un comunista verde che identifica l’edilizia romana con la speculazione. Magari a ragione, se non fosse che nei 40 anni di governo della Capitale della sinistra cominciati a partire, guarda caso proprio dall’anno di laurea dell’assessore, i comunistiverdi non sono riusciti che a produrre questo tipo di economia capitolina.  Il quasi 70enne è un ingegnere, un verde, un intellettuale ed un romano d’altri tempi, uno che non induce al gergo dialettale. Formatosi a Parigi, ha diviso la vita dalla laurea a metà anni ’70 tra l’Istituto di urbanistica laziale e nazionale, il CNR, Italia Nostra, il WWF e l’associazione Polis. Ed ovviamente la politica a sinistra, dalla consulenza per Badaloni e Rutelli ai parchi romani, da Paese Sera a Repubblica, L’Unità, Terra, Il Riformista, Liberazione, Libero, Gomorra, Rinascita, Quaderni romani, Alternativa per il socialismo, Left, Il Manifesto fino al Fatto, con contorno di Rai3. Berdini, questo Asor Rosa dei piani regolatori, ha sempre inteso difendere la pubblica amministrazione dai rapaci speculatori tra l’abuso edilizio, il consumo di suolo, la terra rubata ed il refrain de Le mani sulla città, nel solco di quell’ambientalismo con cui la sinistra nostrana sostituì la lotta di classe nella critica sistemica.

Berdini, per mesi, più che lasciar capire la contrarietà al detto stadio, la manifestava chiaramente; isolato come un talebano dagli altri consiglieri 5stelle spaventati, dimissionario, lasciato nella salamoia della riserva poi in quella dell’accompagnamento, quasi fosse disabile, alla fine di fronte al solito dilemma Caltagirone ed affini, si è spezzato. Poco accomuna l’anziano intellettuale comunista ai giovani grillini, sbrindellati, confusionari, che cercano di darsi una dignità parvenu sotto gli zainetti vuoti e le cravatte dal grosso nodo. Berdini non è un caso isolato. La sindaca dalle orecchie a sventola ha raccolto gli assessori a piene mani dalle pieghe di sinistra, dalla Muraro alla Marzano ed i funzionari dalle pieghe di destra. Non si è fidata di scegliere tra questi giovani dagli occhi sgranati e dalle lenti opaco sporche che si rifugiano per ogni problema sotto le gonne dell’avvocato e del magistrato.

Quelle berdiniane sono le dodicesime dimissiomni di una giunta che in 8 mesi ha perso per strada Lo Cicero, Minenna, Raineri,  Muraro, Tutino, De Dominicis, Marra, Romeo, oltre a Solidoro (Ama) e Rettighieri con Brandolese (Atac). Le 24esimo, se si mettono in fila tutti quelli caduti dal Campidoglio dal 2013, inclusi quelli calati a picco dall’ex sindaco Marino (Morgante, Barca, Pancalli, Ozzimo, Cutini, Improta, Nieri, Scozzese, Leonori, Caudo, Cattoi, Stella). Solo che il marziano stendeva un assessore \ dirigente a trimestre, la nuova sindaca Raggi invece finora tiene la media di 1,5 in meno al mese.

Le dimissioni di Berdini sono però, al contrario delle altre, una questione seria, dovute ad uno scontro politico serio. Se il popolo grillino si attendeva un grande cambiamento dai suoi beniamini, lo voleva proprio in nome del rifiuto delle immense colate di cemento e del lavoro temporaneo dato a migliaia e migliaia di manovali; la cacciata dell’assessore verde comunista è un tradimento del mandato politico del popolo 5stelle.

Come Verdini rappresentava croce e delizia per Renzi, rinfrancando un pezzo di elettorato conservatore nel sogno di una riedizione democristiana, così Berdini garantiva alla Raggi ed ai suoi sponsor il consenso non solo in nome della legalità, ma anche nel segno di un’altra economia (forse impossibile). Niente accomuna l’assessore comunista all’ex trasfuga forzista se non l’assonanza di cognome. Eppure Berdini e Verdini ricordano che determinate alleanze possono offrire vantaggi limitati, ma risultano ancora più dannose se recise. Senza Verdini, Renzi è rimasto confinato al mero mondo Pd, che in gran parte lo odia. Senza Berdini, i 5 stelle romani restano confinati ad una legalità che per altri versi, tra nomine e assicurazioni, li punisce.

Finora erano state gaffe, nomine, dimissioni e defezioni. Ora, pur nel respiro di sollievo per la resa ai costruttori, la giunta pentastellata non bada al fatto di essersi arresa alla realtà trascurando quell’elettorato movimentista che odia il realismo. Nei fatti la Raggi, o chi per lei, ha ripristinato il lavoro già svolto dall’ex sindaco Marino con Caudo. La minaccia di contestazione si consolida e monta e potrebbe essere per la sindaca Raggi molto peggio del ridicolo vissuto finora.

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