Ricordando Pozzetto e «Il ragazzo di campagna», pellegrinaggio sul set del film cult

Cultura e spettacolo

Milano 5 Marzo – Un nuovo cartello turistico sull’argine del Ticino attira i fanatici dei film anni 80: siamo sul set de «Il ragazzo di campagna». La freccia indica Cascina Casoni, località di Carbonara al Ticino, Pavia, un luogo ameno, avvolto da verde rigoglioso e silenzio. Questo era Borgo Tre Case, frazione di Borgo Dieci Case, il paese immaginario ragazzo_di_campagna_renato_pozzetto_castellano_e_pipolo_014_jpg_syetche faceva da sfondo alle vicende di Artemio, il contadino dalle battute diventate un cult, interpretato dal giovane Renato Pozzetto. Da qualche giorno il via vai di curiosi alle prese con gite, selfie e foto ricordo, è aumentato. Chi ha preso casa qui, dopo diversi anni, di certo non immaginava che l’interesse fosse ancora così vivo dopo 33 anni:«Volevo vivere in mezzo al verde, nella tranquillità assoluta a pochi minuti dalla città, e così mi sono innamorato subito di questo posto — racconta Gavino Starone, uno dei proprietari ai Casoni — I miei vicini con orgoglio mi hanno subito messo al corrente. Solo dopo ho capito di aver fatto il rogito per un set cinematogra-fico». Un paesello che molti cercano da tempo con scarsi risultati. In Internet spuntavano come funghi le testimonianze di chi diceva di abitare nell’artefatto Borgo Tre Case. Alcune di queste portavano in Brianza, altre nel cremonese, altre ancora a Lodi.

Nel 1984, invece, Castellano e Pipolo (i registi del film, ndr) avevano percorso la Strada del Canarazzo, poco fuori Pavia, e si erano lasciati conquistare dalle quattro case che il comune ora ha voluto segnalare come meta di culto nazional popolare. Colori diversi e nessuna traccia di osterie o campanili, oggi. «Chissà dove si trovava la ferrovia su cui passavano i treni che gli anziani del paese si sedevano a guardare?», si domanda uno dei ragazzi venuto qui a scattare foto.

I residenti fanno da Cicerone. Grazia, ai Casoni è nata, e durante le riprese ha ospitato Pozzetto: «Avevo 17 anni quando ho visto tutta la carovana della produzione scendere dall’argine — ricorda — Sono rimasti qui tre giorni, erano entusiasti. Renato, soprattutto, continuava a ripetere che da noi si mangiava benissimo e che amava questo posto». Una trama semplice costruita attorno a un tormentone dopo l’altro, tanto da riportare in questi luoghi centinaia di persone. Il giro continua, Grazia è una fonte di aneddoti: «Ci chiedono spesso dove sia il campanile che si vede nel film, o dove passava il treno. Il campanile venne costruito apposta dalla produzione, era di compensato. Una volta finite le riprese ce lo lasciarono per qualche settimana, poi vennero a riprenderselo. La leggendaria scena del treno, invece, fu girata qui con i vecchietti del posto che venivano a giocare a scopa all’osteria. Accettarono tutti di interpretare un cammeo nel film. Ovviamente qui non c’è nessuna ferrovia, il treno passa più in là, verso la tangenziale».

Si riconoscono i campi di Artemio e Mariarosa, e la lingua di terra battuta che la madre del contadino scendeva in tutta fretta per andare a rispondere alla telefonata del figlio, andato a Milano in cerca di fortuna. Mettendo a confronto le foto di scena e il piccolo borgo di oggi, ci si accorge immediatamente di un particolare: l’osteria non c’è più. In questa parte di «scenografia» ora vivono Monica, Matteo e il simpatico cucciolo Luisa. Il loro campanello suona spesso e volentieri, e qualche racconto non si nega di certo:«incredibile come a distanza di 33 anni ci sia così tanta gente desiderosa di venire a vedere il paese del ragazzo di campagna — racconta Matteo —. Solitamente si presentano alla nostra porta perché vogliono addirittura mangiare, poi quando si accorgono che al posto del bancone e dei tavoli c’è il nostro salotto, capiscono che qualcosa non quadra».

Chi cerca la casa di Artemio è costretto ad allungare l’itinerario in Lomellina. Ai Casoni la casa in cui viveva Renato Pozzetto non c’è mai stata: si trova a Molino d’Isella, una frazione di Gambolò. Occupata abusivamente per 26 anni, la casa rischiava di crollare, fino a che nel 2011 il comune la mise all’asta e venne acquistata da un privato che ne aveva subito il fascino per la posizione di assoluta tranquillità, incurante e inconsapevole della fama che aveva. Trovarla non è affatto semplice, eppure non passa giorno che per i sentieri del Parco del Ticino non si avventuri qualche fan. Durante i fine settimana, poi, le presenze davanti al cancello del casolare si moltiplicano. Anche oggi un ragazzo sta scattando foto. Si chiama Oscar Benvenuti e viene definito un «Pozzettologo». Dell’attore conosce praticamente tutto:«Sono venuto qui per avere qualche immagine da mettere nel sito che aprirò a breve, interamente dedicato a Renato Pozzetto. Sono un grande estimatore».

Un vero itinerario tra set cinematografici, questo fazzoletto di terra pavese. Infatti nella medesima località, poco distante dalla casa di Artemio, c’è un’altra location scelta da Castellano e Pipolo. È la cascina de «Il bisbetico domato». A cinquecento metri dal borgo del ragazzo di campagna, nell’ansa del Ticino, c’era invece il ristorante della Wilma, dove Pozzetto e Celentano girarono la scena del pranzo con l’ufo in «Ecco noi, per esempio». La lista delle ambientazioni sull’argine del fiume, nei borghi e nelle risaie, è lunghissima. «Sono parecchi i film girati tra queste zone — spiega Starone dei Casoni — .E in giro è facile incontrare veri e propri cinefili degli anni 80. Un giorno qui sono arrivati alcuni ragazzi espertissimi: hanno un sito www.davinotti.com in cui vengono recensiti migliaia di film, compresi quelli ambientati dalle nostre parti. Sarebbe interessante se nascesse un percorso turistico a livello provinciale». Mentre ai Casoni proseguono racconti e ricordi, un ciclista nota il cartello e la scena si ripete. Scende dalla bici, prende il cellulare, e gira un video canticchiando «Beato te, contadino…».

Eleonora Lanzetti (Corriere)

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