Siamo tutti finiti sotto un ponte

Attualità

Milano 12 Marzo – Il crollo del ponte sull’autostrada nei pressi di Ancona, che ha provocato la morte di una coppia di coniugi, è un incidente tecnico durante i lavori di allargamento della carreggiata ma è anche la metafora di un Paese che crolla a pezzi mentre la politica si azzuffa sulla legge elettorale e sulla sfiducia a ministri sfiorati da indagini non sempre solidissime.

Proviamo a riepilogare. Di che cosa si è occupato principalmente il governo negli ultimi anni? Riforma costituzionale, e sappiamo com’è andata a finire; banche, e oggi scopriamo che i costi dei salvataggi li pagheranno le vittime, cioè noi; immigrati, cioè di cittadini non italiani ai quali stiamo dando un giorno dopo l’altro corsie preferenziali nell’assistenza, deroghe ai codici civili e penali e per i quali stanziamo risorse che definire importanti è un eufemismo; questioni etiche – unioni e adozioni gay, eutanasia – che sono temi certamente importanti ma che riguardano una percentuale infinitesimale della popolazione. Si parla anche di euro e di Europa ma solo per confermare che va tutto bene. Il ponte crollato è la metafora dei tempi. Da troppo tempo nessuno si occupa più del cittadino tipo, che si sposta in auto su autostrade che ritiene sicure perché ha pagato le tasse e i pedaggi, si fida a mettere i soldi in banca e non ne può più di tante cose, tanto è vero che uno su due non va più neppure a votare. Per carità, sapere se Babbo Renzi ha parlato o no con tizio e caio è importante, ma la verità non cambierà le nostre vite. Che invece sono minacciate da chi non ha chiuso al traffico l’autostrada pensando di spostare un ponte mentre le auto ci sfrecciavano sotto. Che è un signore che avrà nome e cognome ma che è anche l’intero sistema, avvitato su commissari, controllori, controllati e controllandi. Tutti che controllano tutti e intanto le tangenti volano e il ponte cade. Che senso ha? Abbiamo passato ore a discutere, a vanvera, del muro di Trump, dei ponti tra culture e religioni e non abbiamo più né interesse né soldi, per occuparci dei ponti (autostradali) e dei muri (delle case crollate col terremoto) che sono la nostra vita. Cambiare l’agenda delle priorità non è più rinviabile.

Ernesto Preatoni blog

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