Milano 14 Marzo – Il minestrone milanese così denso che il cucchiaio rimane in piedi sa di leggenda metropolitana. Qualcuno ne ha sentito parlare, pochi lo hanno assaggiato. Invece esiste. Un piatto «super slow» della cucina del passato, una ventina di verdure gettate in acqua fredda, tre ore di cottura a fuoco lento. «Gli chef stellati inorridirebbero, invece è una ricetta semplice, sana, con un gusto delizioso, la faceva sempre mia madre», racconta Nicoletta Brambilla. Con questo piatto, pezzo forte del suo menù meneghino, insieme al rotolo di vitello con la frittata all’interno (anche qui tempi lenti, «quattro ore nel latte», dichiara), la signora ha conquistato a vita Eamon, giovane dell’Illinois arrivato qualche anno fa a Milano per lavorare nella moda, che ora passa dalla sua casa in zona Porta Romana tutte le volte che torna in Italia.
Nicoletta non è una professionista. Solo appassionata. «Di cibo e di incontri», dice. Da tre anni fa parte insieme al marito Fabio Forni della rete di cuochi domestici «Le Cesarine», che riunisce dilettanti (con una certa abilità ai fornelli) che offrono un’esperienza culinaria casalinga a ospiti di tutto il mondo. Niente etnico, niente ricette di zone lontane: sulle tavole delle Cesarine compaiono solo piatti del territorio. È stata la sociologa Egeria Di Nallo ad avere l’idea, con l’obiettivo della salvaguardia della cucina tradizionale italiana. Nata come associazione culturale nel 2004 con la collaborazione del ministero delle Politiche Agricole e l’Università di Bologna, si è poi trasformata con l’appoggio di Home Food in vera rete. E oggi che il turismo passa anche per le case private, si rilancia.
Da qualche settimana è partita la ricerca di nuovi cuochi casalinghi milanesi. Ci si candida online, presentando un menù. «Non c’è una quota d’ingresso né formazione», sottolinea Davide Raggi, ad di Home Food, «solo una visita per verificare che il cibo sia di buona qualità e la casa ospitale. Superata la selezione, la nuova Cesarina fissa personalmente un prezzo per la sua cena, noi tratteniamo una percentuale fra il 15 e il 20%».
Roberta Frateschi è diventata Cesarina due anni fa. «Mi diverto moltissimo, perfino nei preparativi», ammette. E racconta il giro dei fornitori (pesce al mercato, frutta,verdura e formaggi a un presidio Coldiretti, carne dal macellaio di zona), il pane fatto in casa, la cura nell’apparecchiatura della tavola. Ha avuto ospiti giapponesi («hanno filmato mentre preparavo le cotolette»), una famiglia francese con figli piccoli, dei giovani svedesi. «Ogni volta è una sorpresa», dice, «ci sono ospiti rigidi che aspettano le portate in silenzio e altri che mi seguono in cucina, curiosano, capisco che avrebbero voglia di fare e allora li metto a tagliare l’arrosto, ad allestire un piatto». Con qualcuno, poi, scatta l’amicizia. «Sento ancora una coppia texana a cui ho insegnato a cucinare il risotto giallo con gli ossibuchi. Quando li hanno rifatti a casa mi hanno chiamata via Skype. Il piatto sembrava perfetto, peccato che al posto dello zafferano avessero utilizzato la paprika!».
Marta Ghezzi (Corriere Milano)
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