La strana tesi che giustifica i writers

Attualità

Milano 17 Marzo – La pena per i writers sarebbe ingiusta. Motivo? Chi il muro, invece di imbrattarlo, lo demolisce, prende una multa. Per il writer c’è il carcere. E questo violerebbe l’articolo 3 della nostra bellissima, splendida, incommensurabile Costituzione. Quale orrore, signora mia. Sarebbe, infatti, irragionevole. Perché scrivere è meno grave che abbattere. Il che, in linea di principio, sarebbe anche corretto SE e solo SE il diritto penale avesse semplicemente a che fare con i rapporti tra privati. Se fosse, con la distinzione universitaria, una branca del diritto privato. Ma non è così. È una branca del diritto pubblico, sul quale influiscono anche altre valutazioni. Per esempio, la diffusione di un fenomeno, l’allarme sociale determinato ed i danni collettivi. Prima considerazione: tirare giù il muro di una casa non è danneggiamento, ma procurato disastro. Secondo, prenderlo a picconate è un’attività quasi del tutto inaudita. Forse perché farlo allerta tutto il vicinato? Forse perché girare con un piccone è vagamente più appariscente che girare con una bomboletta? Chissà, magari esistono motivazioni segrete note solo ai Maya ed ai Giudici Milanesi. In ogni caso, siamo realistici: la gente non piccona le case. Quindi l’allarme sociale è inesistente. Quanto poi al fatto che il danno sia “facilmente” cancellabile, inviterei l’articolista, il magistrato ed il writers a partecipare ad un meeting di retake Milano, mentre facilmente puliscono, con sudore, fatica e tanta disponibilità civile, le scritte innocue. Innocenti, direi. Magari scoprirebbero che non è poi così facile, che le scritte non sono innocue e che è meglio riparare le picconate fantasma.

Più in generale c’è un problema di una discreta gravità con la nostra giustizia. Nulla di nuovo, per carità. Ma se si legge questo piccolo capolavoro si incontra la solita, trita e ritrita manfrina contro la proprietà privata. Perché casa vostra vale meno del palazzo del comune. Sappiatelo. Plebei.

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