Milano 19 Marzo – Nel sangue sono presenti due ‘spie’ in grado di individuare le persone ad alto rischio di eventi cardiovascolari avversi, fra cui l’infarto. E’ quanto emerge da uno studio presentato a Washington all’American College of Cardiology (Acc) Scientific Session, al via oggi nella capitale Usa. Un appuntamento che, nonostante la tempesta Stella che nei giorni scorsi ha causato la cancellazione di migliaia di voli, secondo gli organizzatori riunisce in città circa 20 mila persone, fra cui 13 mila cardiologi da tutto il mondo.
La nuova ricerca suggerisce che il GlycA, un marcatore del sangue recentemente identificato, e la proteina C-reattiva (Crp), ben noto marker dell’infiammazione, consentono di predire in modo indipendente gli eventi avversi cardiaci maggiori. Inoltre, i pazienti che hanno alti livelli di entrambi i biomarcatori sarebbero da considerare a rischio particolarmente elevato.
A spiegarlo sono i ricercatori dell’Intermountain Medical Center di Salt Lake City, che con i colleghi di LipoScience Laboratories hanno esaminato i due marker per vedere se fossero indipendenti o correlati, e se potevano aiutare i cardiologi a identificare i pazienti a elevato rischio di eventi cardiovascolari.
Lo studio nasce da una precedente analisi condotta con un metodo sviluppato da LipoScience, che utilizza la risonanza magnetica nucleare per misurare, tra l’altro, il numero di particelle di colesterolo ‘cattivo’ Ldl. In questa ricerca LipoScience aveva rilevato il GlycA, individuandolo come un nuovo marker dell’infiammazione. Le prime indagini hanno dimostrato che il GlycA può predire il rischio infarto. Ora, utilizzando gli stessi campioni di plasma – parte degli oltre 30 mila campioni di Dna raccolti nel corso di 25 anni – gli studiosi dell’Intermountain Medical Center hanno confrontato il valore di GlycA e proteina C-reattiva e la loro efficacia nel predire il rischio di futuri attacchi di cuore, ictus o morte.
Per lo studio sono stati seguiti circa 3 mila pazienti sottoposti ad angiografia coronarica, due terzi dei quali maschi. Al 65% era stata diagnosticata la malattia coronarica, al 42% una sindrome coronarica acuta e al 26% il diabete. “La correlazione tra GlycA e Crp è stata modesta – spiega J. Brent Muhlestein, autore dello studio – Alcuni pazienti avevano alti livelli di un marker e bassi livelli dell’altro, o viceversa. Ma le due proteine hanno predetto in modo indipendente il futuro rischio. E se entrambi i valori erano elevati, lo scenario era il peggiore”.
Ora il team vuole indagare ancora, per capire se il ‘duo’ può essere usato come nuovo marker del rischio cardiovascolare, in grado di indirizzare a uno specifico trattamento. (Adnkronos)
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