Milano e quella missione nazionale a Londra

Milano

Milano 2 Aprile – Nessuno discute la necessità e la validità della missione effettuata a Londra dal ministro degli Esteri Angelino Alfano, da quello dell’Economia Pier Carlo Padoan, dal sindaco di Milano Beppe Sala e dal Governatore della Lombardia, Roberto Maroni. Di fronte a una vasta assemblea di finanzieri e imprenditori hanno spiegato che dopo la Brexit gli investitori internazionali troveranno conveniente trasferirsi da Londra a Milano perché nel capoluogo lombardo troveranno condizioni più che favorevoli per le loro attività: una flat tax di 100mila euro non suscettibile di ulteriori aumenti, una giustizia civile che funzionerà alla perfezione e con grande celerità, una serie di benefici logistici e fiscali e, naturalmente, la possibilità di usufruire di tutto quanto potrà offrire la città italiana più moderna e avanzata del Paese.

Non si sa se la missione abbia avuto tutto il successo sperato. Molte città europee competono con Milano per sfruttare la Brexit e strappare a Londra il ruolo di capitale della finanza e degli affari del Vecchio Continente, da Vienna ad Amsterdam, da Copenaghen a Dublino. Naturalmente ci si augura che il viaggio dei quattro autorevoli rappresentanti delle istituzioni nazionali sia riuscito quanto meno a gettare buoni semi tra i finanzieri e gli investitori oggi residenti nel Regno Unito. Ma, accanto a questo auspicio necessario e addirittura scontato, va aggiunta una diversa considerazione. Perché mai l’idea di creare a Milano una sorta di zona franca e virtuosa, dove le tasse sono contenute e la giustizia è celere e giusta, non viene estesa all’intero Paese e oltre a riguardare gli investitori stranieri non si allarga agli investitori, agli imprenditori e a tutti i cittadini italiani?

È vero che Milano gode di condizioni migliori e particolari. Ma perché mai l’idea della flat tax non si può applicare , oltre che ai ricconi stranieri, anche ai poveri contribuenti nazionali vessati da un fisco invasivo, onnipresente e drammaticamente predatorio? Perché la giustizia civile e penale deve funzionare al meglio a Milano, a beneficio di chi investe dall’estero, e deve funzionare al peggio nel resto del Paese a dannazione dei normali abitanti del cosiddetto Belpaese? E perché quanto è avvenuto nel capoluogo lombardo, dove in occasione dell’Expò è stato possibile rottamare, bonificare e riedificare interi quartieri un tempo abbandonati al degrado, non può essere realizzato in tutte le altre città italiane, da Palermo a Napoli, da Bologna a Roma? Nessuno dubita che iniziare da Milano per rigenerare l’Italia sia un’ottima idea. Ma solo se questa idea ha una prospettiva nazionale e non campanilistica. Altrimenti il suo eventuale successo sarà fatalmente effimero e non servirà a nulla!

Arturo Diaconale (L’Opinione)

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