Milano 11 Aprile – Un buio ieratico inghiotte le opere di Miroslaw Balka (Varsavia, 1958) nello spazio altrettanto sacrale dell’HangarBicocca di Milano che all’artista polacco dedica Crossover/s, la prima grande personale italiana curata da Vicente Todolí. Una mostra impegnativa per densità concettuale e per coinvolgimento sensoriale a cominciare dal drappo nero che ne governa l’ingresso, intiepidito alla temperatura di 37 gradi come quella media del corpo umano. Del resto, il corpo gioca un ruolo fondamentale nella fruizione del percorso, quando viene violentato dall’aria fredda di cinque ventilatori posizionati nella gabbia metallica a forma di croce (Cruzamento) come in un itinerario di espiazione e insieme memento del complesso e doloroso rapporto tra Balka e la sua cattolicissima Polonia. Una terra da cui emergono fantasmi ben più macabri, richiamati dal vino/sangue che troneggia al centro di una struttura metallica. È la riproduzione in scala di un mini zoo costruito a Triblinka per lo svago degli ufficiali delle SS e adattato nelle misure a un’antropometria coincidente con il corpo dell’artista.
L’UOMO E LA STORIA
Su questo stesso registro, dove memoria collettiva e storia recente si incontrano, la figura umana è comunque assente, ma sempre evocata, come in un dramma beckettiano. Si manifesta nel passaggio usurante su centinaia di saponette usate, raccolte tra gli abitanti di Varsavia e infilzate per farne un’altissima, sontuosa ed esile colonna alla Brancusi; o negli zerbini, anch’essi dismessi, che si intrecciano in Common Ground per diventare una soglia, ampia e plurale, tra spazio pubblico e dimensione domestica. (Artribune)
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