Milano 11 Aprile – Esattamente quattro anni fa moriva Margareth Thatcher. Il suo impegno in politica non solo ha rivoluzionato i rapporti di forza con gli allora dominanti pregiudizi socialisti, ma ha anche lasciato in eredità una nuova linfa intellettuale.
Antony Flew, professore di Filosofia inglese, scomparso da oltre un lustro, è noto soprattutto per l’abbandono in tarda età del suo ostinato ateismo. Resta di fatto uno dei figli intellettuali del thatcherismo. In realtà, come ci ricorda un suo magnifico scritto sulla Biblioteca della Libertà (numero 124 del 1993, edita da Franco Angeli) è stato anche un intrigante libertario.
Il suo scritto che qui ci interessa si intitola Egoismo e altruismo nel mercato. E parte dalla seguente considerazione, tanto diffusa anche oggi: «Le economie concorrenziali e capitaliste, in quanto le si presume guidate dal motivo del profitto, sono di necessità, e a differenza di quelle socialdemocratiche, particolarmente e intrinsecamente egoiste».
Se ci pensate è un pregiudizio decisamente radicato anche oggi. Chi non associa il profitto all’egoismo? Anzi, la parola profitto ha sempre un che di pruriginoso (non per chi scrive ovviamente). Le cose sono solo apparentemente cambiate e il profitto oggi deve essere «lecito» (e ci mancherebbe) e «giusto» (ma chi lo stabilisce?).
Non abbiamo il coraggio di difendere il profitto in sé, senza aggettivi, proprio perché sentiamo un ipocrita bisogno di dare al profitto una dimensione sociale, che lo allontani dal semplice e puro interesse personale.
Nicola Porro, Il Giornale
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