Appello per impedire che lo Stato ceda il patrimonio culturale italiano al mercato internazionale

Attualità

Milano 18 Aprile – I beni culturali vengono equiparati dal nostro Parlamento a una qualunque merce introducendo una norma che porterà all’estero gran parte delle nostre opere d’arte (manoscritti e libri, opere, antichi strumenti scientifici, antiche suppellettili) a dubbio vantaggio del mercato italiano e a scapito del nostro Paese. Aiutateci a scongiurare questo saccheggio, un regalo di Stato a mercanti e affaristi cui nulla importa della nostra storia e del valore che tutto ciò rappresenta per noi italiani.italia-nostra-logo

Una norma inaccettabile, una vergogna per la cultura e per le istituzioni italiane. Il Parlamento, con l’imminente approvazione dell’art. 68 contenuto nella legge annuale per il mercato e la concorrenza, prossima a votazione, sembra ormai pronto alla svendita di parti importanti del patrimonio artistico della Nazione inserendo una finta semplificazione della circolazione internazionale dei beni culturali in un provvedimento pensato per taxi e altri settori commerciali. L’approvazione di questa legge trasforma dunque in comune merce tantissima parte dei beni culturali italiani, mobili e immobili. Proprio il nostro Parlamento, nelle segrete stanze della Commissione Industria, ha infatti portato avanti una norma, fortemente voluta dalle lobby del mercato dell’arte, che definisce il valore di un bene culturale in base al “presunto” valore commerciale dichiarato – l’assurdo nell’assurdo – dallo stesso proprietario. Con questa norma, basterà un’autodichiarazione del proprietario che l’opera non supera il valore di 13.500 euro (calcolati su opinabili prezzi d’asta) per poter definitivamente esportare all’estero, senza nessuna valutazione da parte della Soprintendenza, qualunque bene artistico. Non solo: la norma estende da 50 a 70 anni il periodo di vita dell’opera ritenuto necessario per rendere obbligatorie le verifiche dei nostri Uffici di Esportazione prima del trasporto per sempre fuori dai confini di Stato. Tutto ciò con il tacito assenso del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo che, accettando la logica della trattativa a fronte dei potenti attacchi sferrati in sedi politiche ed economiche contro l’insieme del nostro patrimonio culturale, silenziosamente concorda ancora una volta con il Parlamento (nella sua sovranità?) che il pregio dei beni culturali sia definito in base a un presunto valore di mercato e così si liberalizzi la svendita all’estero del patrimonio artistico italiano prodotto da meno di settanta anni. Un danno inestimabile per un Patrimonio artistico e culturale, quale è il nostro, che non ha eguali in tutto il mondo.

Con l’approvazione di questa norma, l’Italia rischia di perdere metà del patrimonio del nostro Novecento: diventano immediatamente esportabili all’estero opere come quelle di Fontana, Giò Ponti, Carrà, Sironi, senza limite di prezzo. Non solo: senza, di fatto, il controllo degli Uffici Esportazione del Ministero dei Beni culturali rischia di sparire gran parte del patrimonio culturale diffuso del nostro Paese. Pensiamo agli arredi delle chiese, ai disegni, agli argenti antichi, ai mobili di pregio. La norma è inaccettabile per un principio di cultura, che il nostro Paese difese fin dalla sua Costituzione (art. 9, Comma II°) e dalla creazione del mercato unico europeo. Dal Trattato di Roma in poi la normativa europea ha riconosciuto che i beni culturali non sono equiparabili a merci.

Inascoltati finora gli appelli che Italia Nostra ha inviato alle massime cariche dello Stato: Presidenza del Consiglio, Senato, Camera dei Deputati, Ministero dei Beni Culturali.

Chiediamo dunque ancora una volta, in extremis, che una maggioranza parlamentare rifiuti nettamente l’approvazione dell’art. 68 della legge sulla concorrenza, che trasforma il concetto e il senso stesso del patrimonio culturale italiano, invece di occuparsi dell’efficientamento e potenziamento degli uffici che devono autorizzare l’esportazione all’estero di beni culturali.

I promotori di questa operazione commerciale che hanno preteso la liberalizzazione della svendita all’estero di nostri beni culturali, indipendentemente dal pregio intrinseco o di appartenenza di essi a un contesto storico, sono riusciti finora a imporre la loro volontà, contestando i tempi di attesa eccessivi e le procedure inefficienti degli Uffici di Esportazione (soprattutto presso alcune Soprintendenze), i quali, ad evidenza, mancano di personale e mezzi adeguati, ma anche di norme tecniche e linee guida che rendano autorevoli i loro giudizi. Questa lobby trasversale lo ha fatto cambiando la norma di tutela sull’esportazione con un emendamento modificativo inserito in un provvedimento generale sulla concorrenza e non nel contesto delle norme di tutela che disciplinano i Beni Culturali.

La strada da percorrere, per Italia Nostra è decisamente un’altra. Occorre potenziare le Soprintendenze e gli Uffici esportazione delle opere d’arte, aumentando così la loro efficienza e diminuendo i tempi autorizzativi.

Italia Nostra esprime profonda preoccupazione per gli effetti che la norma produrrà sulla tutela del patrimonio mobile artistico e storico della Nazione, ma anche sugli stessi beni immobili, inopinatamente inclusi nella nuova normativa, che renderà legittimo ciò che ad oggi è penalmente sanzionato.

La sua introduzione nel nostro ordinamento colpisce la più antica e solida forma di tutela, quella relativa all’esportazione, e determina l’impoverimento culturale dei nostri territori, delle comunità che lo abitano e della loro memoria; crea dunque un danno irreversibile alla trama storico-culturale dell’identità italiana e soprattutto al patrimonio d’arte diffuso, diminuendone oltre tutto l’attrattività, con negative conseguenze anche per il turismo, l’economia derivata e l’occupazione.

L’allungamento da 50 a 70 anni del periodo di vita dell’opera ritenuto necessario per il suo assoggettamento all’autorizzazione all’esportazione da parte della Soprintendenza è contrario all’interesse di proteggere il patrimonio artistico del Novecento in Italia, assolutamente prestigioso e all’origine dei più recenti e noti movimenti artistici contemporanei.

L’introduzione della soglia di valore del prezzo del bene culturale, avvantaggia il mercato internazionale ai danni di un Paese, l’Italia, che in ragione del suo cospicuo ed eccezionale patrimonio culturale si qualificherebbe come Paese “esportatore”, nel senso cioè di territorio destinato alla perdita definitiva di un patrimonio irriproducibile. Peraltro, la fissazione di una soglia di valore non è imposta dall’Unione Europea, in quanto i Paesi membri sono liberi di normare in materia.

Un così grave affievolimento di fondamentali norme di tutela costituisce ad evidenza violazione del secondo comma dell’art. 9 della Costituzione. Oltre tutto la specificità di contenuto dell’intervento normativo proposto e del suo ambito di applicazione, costituzionalmente garantito, non consente di dare ad esso collocazione in un contesto normativo di natura completamente diversa e di finalità produttiva, escludendo la Commissione Cultura, di riferimento sulla materia, dall’esame prioritario della questione.

Per questo Italia Nostra chiede di sottoscrivere la petizione al Parlamento affinché voti contro l’art. 68 della legge annuale sulla concorrenza e si impegni a rendere efficiente la tutela del patrimonio culturale, incluse le procedure autorizzatorie relative all’esportazione.

L’appello, il cui testo -compreso l’articolo 68- è visibile cliccando qui sotto il link “Leggi la lettera”, è stato inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Presidente del Senato della Repubblica Pietro Grasso, al Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, al Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni, al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, al Presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi.

Fra coloro che hanno aderito sino ad ora, le associazioni:

Italia Nostra Onlus (promotore), Libertà e Giustizia, Circola – Cultura, Diritti e Idee in movimento, Emergenza Cultura – In Difesa dell’articolo 9, Patrimonio SOS, Associazione Giovanni Secco Suardo, Do.Co.Mo.Mo. Italia – Associazione italiana per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni, AitArt – Associazione Italiana Archivi d’Artista con la seguente motivazione “Crediamo sia necessario un intervento di riforma più complesso al fine di trovare un contemperamento tra i valori della conservazione del patrimonio culturale e della fruizione del bene pubblico e la possibilità di una maggiore operatività e semplificazione di un sistema di vincoli con evidenti criticità, al fine di assicurare un adeguamento delle risorse alle situazioni innovative dell’arte che richiedono anche una attiva presenza nel mercato, ma con debiti controlli. Crediamo ci sia altresì necessità di strutturare una parallela normativa organica in materia di mecenatismo, anche per definire incentivi per investimenti privati volti all’accrescimento del patrimonio pubblico museale”.

e le firme: Marco Parini, Pietro Petraroia, Beatrice Bentivoglio-Ravasio, Giuseppe Arcidiacono, Renato Aquilani, Paolo Barbaro, Maria Rosaria Barbera, Giulia Barrera, Marco Bascapè, Amedeo Bellini, Jadranka Bentini, Paolo Berdini, Carlo Bertelli, Paolo Biscottini, Stefano Boeri, Paola Brambilla, Sergio Brenna, Rosalia Camerata Scovazzo, Paolo Campiglio, Andrea Canziani, Giovanni Carbonara, Ugo Carughi, Alberto Giorgio Cassani, Giovanna Cassese, Luigi Colombo, Adele Compagna, Giancarlo Consonni, Gianni Contessi, Sergio Crotti, Giovanni Curatola, Marisa Dalai Emiliani, Silvia Danesi Squarzina, Cesare de Seta, Marco Dezzi Bardeschi, Carolina Di Biase, Carla Di Francesco, Michela Di Macco, Veronica Dini, Alessandra Donati, Vittorio Emiliani, Umberto Fantigrossi, Paolo Fresu, Jacopo Gardella, Donata Gianazza, Annamaria Giusti, Giulia Gresti, Maria Pia Guermandi, Marcello Gustapane, Maria Rosaria Iacono, Fulvio Irace, Donata Levi, Ada Lorandi, Simona Maggiorelli, Maria Giovanna Mazzocchi, Maria Grazia Mazzocchi, Ludovico Mereghetti, Maria Grazia Messina, Nanni Molè, Tomaso Montanari, Massimo Montella, Nicola Nitido, Rita Paris, Stefano Parise, Liliana Pittarello, Maria Luisa Polichetti, Luciana Prati, Caterina Saban, Michele Sacerdoti, Sandro Scarrocchia, Lanfranco Secco Suardo, Salvatore Settis, Maria Rosaria Severino, Vittorio Sgarbi, Filippo Tibertelli de Pisis, Graziella Tonon, Bruno Toscano, Domenico Valenti, Francesca Valli, Umberto Vascelli Vallara, Rosalia Vittorini, Fabio Vittucci, Licia Vlad Borrelli, Giorgio Zanchetti, Francesca Zanella.

Questa petizione sarà consegnata a:

  • Presidente della Repubblica
  • Presidente del Senato
  • Presidente della Camera
  • Presidente Consiglio dei Ministri
  • Ministro dei Beni e delle Attività culturali
  • Presidente Corte Costituzionale

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