Milano 11 Maggio – L’Italia è oggi un malato che resta in prognosi riservata. Gli ultimi quattro governi non eletti hanno intaccato pericolosamente la struttura della società italiana. Il nostro Paese ha bisogno di modifiche radicali mentre la sinistra politica ci sta portando nel regresso dato dalla dissipazione di soldi pubblici a ceti improduttivi. La disoccupazione impazza, la spesa pubblica è aumentata quando, al contrario, va tagliata di brutto insieme al drastico taglio delle tasse in modo da dare vita agli investimenti delle imprese così da aumentare la domanda di lavoro; è necessario deregolamentare il mercato del lavoro rendendo fluidi e dinamici assunzioni e licenziamenti, e il taglio delle super garanzie.
I governi Renzi/Gentiloni hanno fatto esattamente ciò che non si doveva fare in Italia; hanno cioè aumentato il debito pubblico per finanziare in deficit un modello – ammesso lo abbiano avuto un modello – inefficiente e dannoso di protezionismo sociale, dissipando fondi pubblici.
La sinistra deve togliersi di torno, gli italiani devono poter votare, cosa sinora impedita in violazione della nostra democrazia. Urge avviare il processo che conduce al nostro benessere e alla nostra ricchezza. La sinistra imbroglia oggi sull’informazione e racconta balle circa la effettiva e reale degenerazione in atto. La manipolazione informativa le serve per nascondere lo stato pessimo in cui si trova l’Italia, nel tentativo vano di non fare perseguire ad altri il cambiamento necessario. Bisogna usare i soldi pubblici (europei e italiani) per gli investimenti nazionali, a cominciare dalla edilizia. Il nuovo modello deve andare verso gli investimenti anziché la dissipazione sinistra sin qui operata. Bisogna tornare di corsa a produrre in Italia (convertire i ministeri in fabbriche o imprese produttive), non dissipare e regalare soldi (nostri) pubblici per gli affari dei politici predatori della cosa e delle sostanze pubbliche. Bisogna cambiare.
In Europa è necessario che l’Italia si faccia avanti, a maggior ragione adesso che l’asse franco/tedesco si sta nuovamente fortificando. Il nostro Paese deve chiedere conto circa gli ingenti surplus di bilancia estera lucrati dalla Germania, perché è questa che crea deflazione, e costringerla nel consesso europeo a volgere domanda e investimenti tedeschi in Europa a beneficio di tutti gli Stati membri.
L’Italia deve avanzare la richiesta di rimodulazione dell’Euro, deve porre sul tavolo della contrattazione il completamento dell’unione bancaria con la dissociazione completa dell’attività bancaria dal mercato dei debiti pubblici; è necessario chiedere l’eliminazione del bail-in o, in subordine, la sua incisiva revisione, e la restituzione – temporanea – della sovranità fiscale agli Stati membri. Il mercato unico europeo presuppone la moneta unica, ma se l’area in cui la moneta comune opera è caratterizzata da diversità strutturali nei modi e nelle percentuali di crescita della produttività, ne consegue che ci vogliono politiche adatte a compensare gli squilibri, proprio perché la politica monetaria comune sia in grado di funzionare. Il cinquanta per cento dei divari è legato a carenze nelle infrastrutture materiali e amministrative, il trenta per cento nei ritardi tecnologici del capitale e il venti per cento nel comportamento del lavoro, cioè dai vincoli contrattuali e dai comportamenti di fatto. Quello che si deve evitare è compensare in modo assistenziale questi divari e carenze.
I Trattati europei ignorano i divari strutturali nella produttività e anche le politiche adeguate. Si crede che una impostazione, come quella data, possa andare bene per tutti, ma così non è. La realtà ce lo dimostra. Il sistema europeo non funziona e deve essere rivisto perché dia crescita e condivisione solidaristica. Non si risolvono tali fondamentali criticità solo con le riforme dei vari Paesi, ma con le riforme e le politiche europee comuni in grado di metterci tutti sulla via corretta per crescere. Se il sistema è costruito male, va corretto rapidamente. Altrimenti sprofonda.
Francesca R. Fantetti (L’Opinione)
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