Tra Boschi e De Bortoli, il giornalista stravince nella gara di credibilità

Attualità

La Boschi ha perso definitivamente la faccia quando ha tradito la promessa di lasciare la politica in caso di sconfitta al referendum. Per lui parlano carattere e carriera: grande freddezza, mai una smentita. Lo assunsi quando aveva 20 anni, conosco la sua prudenza.

Milano 12 Maggio – Il caso tra Ferruccio de Bortoli e Maria Elena Boschi, esplosivo di per sé, propone due aspetti di vitale interesse per l’opinione pubblica. Il primo è la credibilità di chi parla o scrive, nella scena italiana confusa e caratterizzata da chiasso e strepiti superflui. Il secondo è la necessità della trasparenza, e sappiamo tutti che nella scena italiana questa parola è oltraggiata e inconsueta, tutto o quasi finisce in un polverone.

Dunque, Ferruccio de Bortoli ha scritto in un libro che la Boschi, quando era ministra, intervenne sull’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, affinché valutasse la possibilità di acquisire la Banca Etruria (di cui era vicepresidente il padre, Pier Luigi), allo scopo di evitarne l’imminente disastro. L’ex ministra, ora sotto segretaria alla presidenza del Consiglio, ha replicato vigorosamente: con una smentita drastica e l’annuncio di una querela. Chi dei due ha ragione, chi è credibile? In poche ore è altissimo il numero di chi parla e polemizza, spinto da posizioni politiche o dalla semplice e volgarissima voglia di apparire. Il solito caos. Gli unici che potrebbero dire cose interessanti sono Ghizzoni, ed eventuali, preziosi testimoni. Bene, indipendentemente da ciò che potrà o vorrà dire Ghizzoni e chiunque altro, vorrei approfondire le riflessioni sui temi che ho accennato prima.

TROPPO FACILE

Mi dispiace dirlo – è come sparare sulla Croce Rossa ma la Boschi non ha alcuna credibilità. Non voglio affondare il coltello nelle piaghe, errori, contraddizioni, in poche parole nelle figuracce dellaministra. Basterà ricordare l’incredibile iattanza con cui proclamò che si sarebbe ritirata dal governo in caso di sconfitta nel referendum costituzionale e poi, sconfitta pesantemente, con ineffabile disinvoltura è rimasta nel governo Gentiloni, con un incarico perfino più delicato e importante.

Al contrario, Ferruccio è un uomo di assoluta credibilità. Lo conosco bene e lo dimostra la sua lunga e prestigiosa carriera, priva di infortuni: due volte direttore del Corriere della Sera, una volta del Sole 24 ore.

Lo assunsi io al Corriere d’informazione quando aveva poco più di 20 anni e in due mesi ne capii il carattere e le potenziali qualità. Era subito diventato il cocco dei vertici del giornale e allo stesso tempo del sindacato, eletto dai colleghi. Il limite e la grandezza di Ferruccio è la chirurgica freddezza. Non è emotivo (o, comunque, sa trattenere le emozioni), è prudente, e quando osa ha un poker d’assi in tasca. Penso addirittura che sia anaffettivo. Lo avrei voluto impulsivo, sanguigno e provocatorio come me. Però Ferruccio non ha commesso mai un errore vero. Io, come tutti o quasi, a decine. É impensabile che abbia scritto quella frase nel suo libro senzaaverci riflettuto a lungo, soppesata, limitata; e valutando i pro e i contro, consapevole dell’uragano che avrebbe scatenato. Non ha mai subìto smentite: se non è sicuro, preferisce tacere. Meglio omettere -come Perry Mason, nei telefilm -che rischiare. Quando era praticante sotto la mia direzione, lo sfottevo per dirgli che forse non sarebbe diventato un grandissimo giornalista, ma aveva le qualità per primeggiare in una qualsiasi attività come dirigente: politico o banchiere, cardinale o presidente di un’azienda. Lui sorrideva. Ma era la verità. Ha diretto il Corriere e il Sole come fosse il presidente del consiglio di amministrazione, non un semplice direttore (ce ne sono stati molti migliori di lui, come semplici direttori). Un particolare? Erano gli anni Settanta, gli anni di piombo, e Ferruccio veniva in redazione in blazer e cravatta (gli altri giornalisti, giovani o adulti, quasi tutti in jeans sdruciti e camiciole). E nel caso di de Bortoli, come hanno dimostrato i 50 anni successivi, è l’abito che fa il monaco. Non vorrei essere nei panni della Boschi, se davvero si avventurasse in puntualizzazioni, smentite, azioni giudiziarie.

PERCORSI A CONFRONTO

Eccoci alla trasparenza. Sulla credibilità Ferruccio ha costruito la sua carriera, sulle lacune di credibilità la Boschi sta distruggendo la sua, coinvolgendo Renzi e il povero Gentiloni. La trasparenza è un valore non meno importante. Ma in Italia non esiste. In generale, non parlano coloro che avrebbero il dovere di parlare. Parlano, e creano confusione, coloro che non hanno niente da dire. Alla verità non si arriva quasi mai. Mi auguro dunque che, in questo caso, sia smentito il pessimo andazzo e si chiarisca senza dubbi possibili come siano andate le cose. La mia opinione -sottolineo, è una opinione personale – è che la Boschi doveva dimettersi da molto tempo. O almeno restare fuori dal governo dopo il disastroso flop del 4 dicembre. Farebbe una cosa utile per tutti e anche per sé stessa, se mai in futuro dovesse avere ancora qualche possibilità, nella vita politica. Restando impettita e arrogante al suo posto, si autodistruggerebbe, metterebbe in gravi difficoltà il già debole governo, regalerebbe (questo mi piace) voti a valanga alle opposizioni; e darebbe un altro pugno da ko agli stolti ingenui e illusi, come me, che sognano un riavvicinamento tra gli elettori e la classe politica.

Cesare Lanza (La Verità)

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