Dal libro ‘Benvenuta a Milano: un intreccio di voyeurismo, amore, antichi castelli e vie d’acqua’ di Michela Pugliese
Milano 16 Maggio – “Mi incamminai nella direzione indicatami alla ricerca della testimonianza dell’antico laghetto, ma dubitavo dell’esistenza di una tale via, convinta com’ero che il conducente del tram avesse voluto proseguire a burlarsi di me.
– Sì, la via Laghetto è da quella parte, proprio dietro quell’isolato – disse un passante da me interrogato.
Si trattava di una stretta via che scorreva tra gli edifici: della presenza di un antico laghetto, però, neppure l’ombra. Fermai un anziano signore che passeggiava ricurvo in avanti con aria annoiata e con le braccia dietro la schiena.
Notai che uscendo di casa non aveva mancato di prelevare il suo bastone da passeggio; ma anziché utilizzarlo quale utile sostegno, preferiva portarlo a spasso con sé, impugnandolo dietro la schiena. Dopo essersi fermato ad ascoltare la mia domanda, felice di essere ancora utile a qualcuno, l’anziano passante iniziò a concedere più informazioni di quante ne avessi chieste:
– Certamente. Qui esisteva un antico laghetto. Ha notato i bellissimi marmi del Duomo? Si tratta di marmi pregiati ricavati dalle cave in prossimità del Lago Maggiore. A quel tempo per gli edifici si utilizzavano in prevalenza mattoni rossi; ma per rivestire la cattedrale, si decise di utilizzare l’elegantissimo marmo. Fu per far giungere fin qui i materiali da costruzione per la cattedrale che si scavò il laghetto artificiale di Santo Stefano a pochi passi dal cantiere. Esso fu poi collegato alla Cerchia Interna dei Navigli e da qui al Naviglio Grande e tramite quest’ultimo al fiume Ticino.
– Davvero i materiali arrivarono fin qui dal Lago Maggiore tramite le vie d’acqua? – chiesi a bocca aperta.
– Proprio così. Allora il trasporto dei materiali attraverso le vie d’acqua era molto redditizio giacché era previsto il pagamento di una tassa. Solo i materiali destinati alla realizzazione della cattedrale non erano sottoposti a dazio. I barconi che li trasportavano recavano la scritta A.U.F., cioè ‘a uso fabbrica’ e da qui deriva l’espressione ‘andare a ufo’. L’ha mai sentita?
– No, non mi pare – risposi. – Io non sono di Milano.
– Allora deve sapere – disse il vecchietto – che questa frase è tutt’oggi utilizzata con riferimento agli scrocconi. In pratica andare a ufo significa andare senza pagare.
Una tal combinazione di informazioni serie e informazioni frivole, mi fece sorridere. Forse per questo il vecchietto continuò orgoglioso la sua dissertazione:
– Qui vicino, oltre al laghetto, c’era anche una chiesa con lo stesso nome; anzi, quella c’è ancora: è proprio qui dietro – disse indicando le sue spalle. – In quella chiesa fu assassinato Galeazzo Maria Sforza, uno dei principali Signori e duchi di Milano. Era il giorno di Santo Stefano quando fu pugnalato sulla soglia della chiesa di Santo Stefano, in prossimità del laghetto di Santo Stefano: quali strane coincidenze possano capitare nella vita!
L’anziano passante stava andando davvero ben oltre l’informazione chiesta, ma mi dispiacque interromperlo: chissà da quanti giorni non parlava con qualcuno.
– Quando fu pugnalato – continuò a raccontare il vecchio – Galeazzo Maria Sforza non aveva ancora neppure trentatré anni, ed era un tipo turbolento e vanitoso. Forse fu quest’ultimo particolare a impedirgli di salvarsi la vita. Infatti, spesso indossava un solido corpetto protettivo in cuoio, come oggigiorno i poliziotti utilizzano un giubbotto antiproiettile; ma in quell’occasione il duca non lo portava. Quella mattina era stato consigliato di indossarlo, sia per evitare rischi sia per proteggersi dal freddo: la giornata, infatti, era gelida; ma egli decise di non indossarlo per non apparire troppo grasso.
Detto ciò, l’anziano fece una pausa; mi squadrò dalla testa ai piedi e disgiunse le braccia da dietro la schiena. Poi appoggiò finalmente il bastone a terra, e facendo leva su questo con la mano sinistra, si sforzò di raddrizzarsi nella sua persona. Solo allora sollevò la mano libera, con il dito indice magro e tremolante verso l’alto, come per emettere un giudizio insindacabile:
– Il caso del duca di Milano è simile a quello delle ragazzine che oggigiorno si lasciano morire di anoressia pur di apparire magre e in forma.
Io osservai che nonostante il suo dito malfermo e la sua schiena ricurva, l’anziano ispirava una riverente autorevolezza, dunque non replicai.
– Secondo me – proseguì il vecchietto abbassando a ritmo rallentato il dito indice che continuava a tremolare visibilmente – per togliersi dalla testa le loro fissazioni, di tanto in tanto le ragazzine anoressiche dovrebbero andare a fare una visitina alla chiesa di Santo Stefano.
Notando che lo ascoltavo impassibile, il vecchietto fece un passo in avanti e avvicinò il suo volto al mio. Poi, sgranando più che poté i minuscoli occhietti, dichiarò:
– Non le sto raccontando una favola!
Fece una pausa e digrignò leggermente i denti; forse per sistemarsi la dentiera che con l’esclamazione rischiò di sgusciare via dal suo luogo stabilito, poi aggiunse:
– In commemorazione della morte del duca, sul pavimento dell’ingresso della chiesa c’è ancora oggi una lapide commemorativa: vada a vederla.
– Grazie, lo farò oggi stesso – dissi allontanandomi da lui.
Poi salutai e m’incamminai nella direzione opposta alla sua. Temevo che l’anziano passante volesse vincere la noia della sua giornata raccontandomi l’intera storia di Milano; oppure facendomi domande in merito alle mie abitudini alimentari.
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Michela Pugliese
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