Milano 17 Maggio – La soluzione allo spinoso problema del gioco d’azzardo è ancora rimandata. La conferenza unificata tra Stato e regioni, in programma lo scorso 11 maggio, è stata rinviata. L’ennesimo posticipo di un evento che ormai viene trascinato in avanti da mesi. Forse per la mancanza di una vera volontà di arrivare alla soluzione finale. In fondo gli interessi sono troppo discordi: lo Stato pare avere in mente la questione finanziaria, le regioni la salute dei loro cittadini.
La visione opposta viene evidenziata dagli obiettivi proposti nei precedenti incontri. Lo Stato vuole rendere legge nazionale ciò che è già stato proposto in diversi comuni. A cominciare dal distanziometro, che dovrebbe allontanare i nuovi centri di scommesse dai luoghi sensibili. Con la differenza di diminuire il normale chilometraggio, di solito posizionato a circa 500 metri da scuole, ospedali e centri d’interesse comune. L’idea del governo centrale è limitare la distanza a 250, magari 300 metri. In più si spinge per un controllo degli orari di apertura, anche qui però dando maggiore libertà ai gestori dei mini-casinò. In questo modo perderebbero efficacia alcuni provvedimenti già presi dai governi provinciali e comunali, volti a tenere sotto controllo i giocatori patologici. Le regioni contestano la mancanza di una menzione alla pubblicità della filiera dell’azzardo e alla questione dell’online. Due punti considerati rilevanti, su cui non sembra che lo Stato voglia intervenire. In fondo il governo centrale incassa circa 10 miliardi all’anno dal settore, e non vuole modificare troppo un sistema a dir poco vantaggioso.
La Lombardia è una delle regioni che chiede con maggiore vigore un ridimensionamento deciso del settore. Che regoli lo stesso senza rischiare di distruggerlo, rilanciando l’illegalità. La città di Milano conta più di 15.000 slot machine sul proprio territorio, seconda solo a Roma. Un risultato che ben si sposa con le caratteristiche del gioco regionale, non per niente al primo posto a livello nazionale. Il volume di gioco si avvicina ai 14 miliardi di euro, da solo quasi il 15% del totale. Con una spesa pro-capite di 420,67€ all’anno, anche qui in cima alla graduatoria. La Lombardia non ha rivali nel gioco d’azzardo, ma è un primato di cui tutta la regione non può andare fiera. Soprattutto per la presenza di tanti punti caldi del gambling: Pavia è stata battezzata come la “Las Vegas” d’Italia da un giornale statunitense, Brescia e Lodi fanno registrare numeri invidiabili per il settore nelle altre zone d’Italia.
Da questi numeri si capisce l’importanza del ruolo della Lombardia nella conferenza unificata. La posizione della regione viene condivisa dalle altre più coinvolte dal fenomeno, nella speranza di aiutare le migliaia di giocatori affetti da ludopatia. La battaglia verrà portata avanti fino a quando la legge nazionale non risponderà alle esigenze dei governi locali, convinti della bontà del loro lavoro. Un’operazione che potrebbe richiedere diverso tempo, mentre il settore dell’azzardo continua a macinare numeri da record. Stando così le cose, è facile prevedere che l’Italia sfondi il muro dei 100 miliardi di euro nella raccolta del 2017. La Lombardia probabilmente i 15. L’intervento deve essere repentino, perché i giocatori stanno scoprendo le potenzialità della filiera. Senza ancora intuirne i pericoli, dai quali non sono ancora protetti dallo Stato. La dicotomia morale-economia si ripropone con veemenza in una situazione delicata, cercando di capire se a spuntarla sarà buon senso o finanza. Di certo l’attendismo è a favore di quest’ultima.
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