Gli opposti moderatismi di Renzi e Berlusconi

Attualità

Il leader del Pd e quello di Forza Italia hanno in comune la distanza che li separa dal radicalismo sia di destra che di sinistra e la volontà di partecipare al processo di revisione collaborativa della Ue

Milano 24 Maggio – Alcuni giorni fa Claudio Cerasa, direttore del Foglio, ha dedicato due lunghissime interviste, una a Matteo Renzi (il 13 maggio) e l’altra a Silvio Berlusconi (il 15). Gli spunti degni di interesse giornalistico sono numerosi — e molti sono già stati ripresi in vari commenti — ma è soprattutto evidente l’obiettivo politico che anima l’intervistatore e che il Foglio batte e ribatte da mesi: reclutare i due politici come eroi eponimi di un progetto di sinistra e destra moderate ed europeiste che frenino l’avanzata apparentemente irresistibile dei Cinque stelle e garantiscano all’Italia un governo stabile e un ruolo importante in Europa. Un governo di alternanza democratica, in futuro, ma senza escludere momenti di collaborazione se le circostanze dovessero renderli necessari. La tesi del Foglio è che quanto unisce oggi le forze che i due leader rappresentano è molto di più di quanto le ha divise in passato e soprattutto molto di più di quanto le divide ora dai loro tradizionali alleati: dalla Lega e da Fratelli d’Italia nel caso di Berlusconi, dalla sinistra tradizionalista e radicale nel caso di Renzi. L’abisso che li separa dai Cinque stelle è poi, per entrambi, invalicabile, perché ha a che fare con la stessa concezione di democrazia che i Cinque stelle professano e con la loro attitudine e capacità di governare una democrazia complessa.

Nel regno dei grandi obiettivi politici questo è un punto di vista degno di considerazione. Quando si terranno le prossime elezioni nazionali (nella primavera del 2018?) il tema dominante non potrà che essere l’Europa: Germania e Francia saranno rette da due governi europeisti e staranno seriamente discutendo su come dare all’Eurozona un nuovo slancio. Per l’Italia partecipare a questa discussione con sufficiente autorevolezza è un obiettivo centrale, che richiede un governo stabile, con idee chiare sui nuovi indirizzi da imprimere all’Unione e altrettanto chiare sulle riforme interne che dovranno essere attuate al fine di adeguarsi ad essi. Lo stesso Macron è stato chiarissimo: la Francia chiede un mutamento, ma per chiederlo deve anzitutto riformare se stessa. Da come Renzi e Berlusconi rispondono alle domande di Cerasa può sembrare che entrambi i leader siano consapevoli del nesso che lega il chiedere e il dare, i nuovi indirizzi europei e le riforme strutturali italiane. Può dunque sembrare che siano entrambi affidabili, da soli o in collaborazione tra loro, come leader di un’Italia che partecipa a pieno titolo al processo di riforma dell’Unione che Francia e Germania metteranno in moto.

E c’è un ulteriore nesso che li lega: entrambi sembrano convinti che la prossima legislatura debba essere una legislatura costituente: l’espressione è lasciata nel vago, ma essa implica, almeno nelle intenzioni dell’intervistatore, che i processi di riforma elettorale e costituzionale bloccati dalla sconfitta referendaria e dalle sentenze della Consulta dovranno essere ripresi, se si vuol fare dell’Italia una democrazia governante, capace di rispondere alle sfide europee mentre è minacciata da poderose forze populistiche e sovraniste. Se però dal regno dai grandi obiettivi, dove sembra esistere un certo accordo, si scende a quello dei comportamenti politici immediati, l’accordo si attenua sino a sparire. In parte ciò è dovuto al fatto che, in questo momento confuso, nessuno vuole scoprire le sue carte. Ma in parte maggiore è dovuto al fatto che calcoli politici contingenti prevalgono sul disegno generale.

Sulle riforme elettorali da attuare in questo scampolo di legislatura, quelle auspicate dal Presidente della Repubblica, le posizioni dei due contrastano nettamente: date le posizioni degli altri principali attori è per ora improbabile che siano attuate riforme significative e sembra più probabile che si andrà alle prossime elezioni, salvo piccoli ritocchi tecnici, con il sistema proporzionale delle due sentenze della Consulta. Quanto agli obiettivi politici dichiarati, Berlusconi sembra convinto di tornare a cavalcare il vecchio cavallo del centrodestra unito, quello che l’aveva condotto alle grandi vittorie del passato, convincendo i sovranisti di Lega e Fratelli d’Italia ad affidarsi alla sua paterna guida europeista. Quanto questo sia credibile, in Italia e all’estero, lascio al lettore da giudicare. Renzi sembra puntare tutto su un possibile sfondamento di «quota quaranta», il premio elettorale lasciato in vita dalla sentenza della corte: come grido di battaglia elettorale può andar bene, come previsione affidabile molto meno. «Custos, quid de nocte?», «sentinella, a che punto è la notte?». «La notte è profonda e l’alba ancora lontana: tornate a domandare». Questo famoso passo della Bibbia, nel libro di Isaia, rende bene la situazione in cui siamo: mentre da noi è notte per altri Paesi è giorno e quando torneremo a domandare sarà troppo tardi e molte occasioni saranno perdute.

Michele Salvati (Corriere)

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