Milano 24 Maggio – Quando abbiamo dato notizia dell’attentato raffazzonato di Hosni, con i coltelli comprati poco prima, i bersagli scelti malissimo e le conseguenze minime, Sala mise le mani avanti: che c’entra con gli immigrati il ragazzo? Poi la solita, fatidica, frase: Hosni era Italiano. Anche Salman Abedi era Inglese. Lo è stato fino a due notti fa, quando si è fatto detonare uccidendo 22 innocenti al concerto di Ariana Grande. La cittadinanza Inglese, quella anagrafica, certificata da un pezzo di carta, attestata legalmente, credete che contasse ancora qualcosa per lui? Oppure, come me, siete convinti che, tornato nella sua terra ancestrale, la Libia, non ne abbia scelta, in cuor suo, un’altra? Quella della Umma, la comunità Islamica religiosa e politica, che ha nel Califfato (sconfitto ormai sul campo) un obiettivo che noi Occidentali gli abbiamo rubato? Salman era un ragazzo come tanti, cresciuto in un paese che di certo non discrimina in base alla religione. In Inghilterra, addirittura, consentita dalla flessibilità della Common Law, comincia persino ad affacciarsi la Sharia, in campo matrimoniale. Inoltre, tanto per scansare equivoci, l’Isis, che ha rivendicato, al contrario di Al Qaida, non parla delle giovani vittime come danni collaterali. Ma spiega che esiste un diritto divino dietro la strage dei bambini. Questa non è politica, questo non è un problema di integrazione, questa non è nemmeno follia. Questa è religione. Solo che non possiamo dirlo e da essa non possiamo difenderci. Dobbiamo prendere atto che la radicalizzazione di questi ragazzi è troppo veloce, repentina e difficile d individuare per essere prevenuta efficacemente con gli strumenti di uno stato di diritto. Noi, qui, ci stiamo riuscendo solo perché abbiamo l’espulsione facile. Ma possiamo espellere solo cittadini che non siano Italiani. Cioè spostando, se volete artatamente, il piano del problema. E qui torniamo a Milano. Quando si chiede, come fanno Sala e Majorino, di abolire la Bossi Fini, o di regalare la cittadinanza a piene mani, come fa Grasso, si perde l’arma che fino ad oggi ci ha protetto.
Siamo chiari: non ci proteggerà per sempre. Perché, prima o poi, le terze generazioni diventeranno una realtà stabile anche da noi. Ma perché toglierci lo scudo ora, nel mezzo dell’attacco? Difendiamo, correttamente e senza dubbi, l’obbligatorietà dei vaccini, sacrificando il diritto del singolo per il bene della collettività, perché con l’immigrazione dovrebbe funzionare diversamente? Essere Italiani non toglierà la rabbia a dei giovani che scoprono il mondo terribile ed estatico del Jihad. Mettiamocelo in testa, la cosiddetta religione di pace, ha sacche così oscure e tremende che possono inghiottire anche persone che fino a pochi momenti prima nuotavano spensierate in superficie. È qualcosa che fatichiamo a comprendere perché non appartiene più al nostro mondo, una fede di quel genere. E, se oggi non rischiamo di esserne sconfitti, le vite dei bambini falciati da quella bomba chiedono comunque giustizia e prevenzione. Se non proprio vendetta.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,