Rottamazione si ma non geotecnologica

Attualità

Milano 30 Maggio – Arriva nelle librerie “Lavoro 2025 Il futuro dell’occupazione (e della disoccupazione)” di Domenico De Masi per Marsilio. E’ il frutto o forse il saccheggio delle due giornate organizzate a gennaio dai deputati penta stellati, in particolare Cominardi, sul tema della distruzione tecnologica del lavoro. Giornate e discorsi interessanti, abbastanza destinati ai gorghi dell’ovvio e delle solite ricerche basate su interviste senza sfere di cristallo e poco sui numeri. I numeri, quelli della distruzione del lavoro ripetitivo ma anche no, sono dati da tempo e provengono dagli Usa. Due anni fa si dava per perso il 47% delle tipologie di lavoro, ora siamo al 51%. Entro quanto tempo? Non si sa; dipende anche dalle politiche dei governi, ovviamente. Comunque entro tre o quattro lustri. Nell’immediato, tre anni, secondo il World Economic Forum saranno fuori gioco 5 milioni di posti di lavoro, calcolando 7,1 milioni di posti di lavoro persi e 2 milioni guadagnati. Il che ci dice anche il tasso di sostituzione del lavoro automatizzato, circa il 30%. Metà dei lavori persi saranno reintegrati dal 17% di riassorbiti. L’incremento della disoccupazione sarà del 30%.  L’unica cosa consolante è che McKinsey e compagni hanno smesso le consolanti bugie win-win dell’incremento tecnologico e del bengodi, sostenute fino ad un lustro fa. Il convegno Lavoro 2025 si è comunque improvvisamente illuminato d’immenso, davanti alla platea giovanissima dei deputati piddini e grillini da un Mentana mattatore che astutamente ha rovesciato il tema tecnologico in quello generazionale. Quasi come un martire ha chiesto punizioni eccellenti, in termini fiscali,  per quei vecchi, settantenni o giù di lì, che si ostinano ad occupare i posti migliori e di vertice. Facile l’elenco degli inamovibili, dall’Enrico stesso e da De Masi ai Mauro, Feltri, Scalfari; all’incredibile ritorno, per la terza volta, di Bernabè in Telecom, oppure ai papabili  Minoli al vertice Rai o Coppi alla Corte Costituzionale. In molti avranno pensato anche al ritorno dell’immortale leader del centrodestra. La tirata dell’Enrico, in puro stile neorottamatore, demagogica al punto giusto confonde i posti di lavoro del futuro che i giovani non ritroveranno più con i posti di vertice che di per sé sono ovviamente alieni dal tema dell’occupazione di massa di cui si tratta. E’ pur vero che le tecnologie hanno aiutato le persone più ricche del mondo a detenere il 50% della ricchezza globale; non solo perché ben 5 provengono (Bill Gates,  Larry Ellison, Jeff Bezos, Carlos Slim, Mark Zuckerberg) dal software, dall’e-commerce, dalle tlc e dal social, due dalla finanza (Warren Buffett,  Michael Bloomberg) e solo uno, l’unico europeo, da un settore no digital, la Gdo della moda (Amancio Ortega).67 anni e 51 miliardi di media che coprono a parte i vent’anni, tutte le generazioni, dal trentenne, al cinquantenne, al sessantenne, all’ottantenne, ai tre settantenni, al quasi novantenne.  Tra qualche anno, eventuali eredità potranno far precipitare il dato anagrafico. L’elenco dei ricchissimi dei 415 miliardi di dollari non fa scattare la guerra giovani contro vecchi e nemmeno risveglia quella tra ricchi e poveri, dato che anche i ceti medi come quelli proletari sono lontanissimi dall’apice della ricchezza. Segnala invece che il pallino della novissima rivoluzione industriale è tutto in America & partners. All’Europa è destinato paradossalmente, il ruolo di grande consumatore e, assieme, di deposito della nuova disoccupazione tecnologica. Su questo dato né il convegno, né il libro, né l’Enrico, divenuto padrone di due padroni,  hanno segnato punti. La rottamazione geopolitica ancora non fa audience.

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