Renzi il bullo in ginocchio dai comunisti. Pisapia & company lo mandano a quel paese

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Il Bullo si aggrappa a quelli che voleva rottamare e l’ex sindaco di Milano lo gela: «Facciamo le primarie e vediamo chi vince» Ora è più solo che mai: dal leader storico D’Alema alla Cgil della Camusso, fino ai vecchi compari Rossi e Fassina, se li è giocati tutti.

Milano 11 Giugno – Tornare a sinistra. Contrordine compagni, l’inciucio è andato in sofferenza, il patto tedesco salta, Beppe Grillo ti fa maramao, la nuova parola d’ordine del leader del Pd è «riapriamo a sinistra». Mica facile, per Matteo Renzi, dopo 2 anni di corpo a corpo, di battaglie, di agguati mortali, di cattiverie chirurgiche, personalissime e folgoranti. Il colmo della sfortuna, riaffacciarsi a sinistra, anche solo per scherzo, nel giorno in cui il popolo dei romantici progressisti di ogni segno e colore inneggia al 40% preso dal Labour in Gran Bretagna, e tu sei quello che pochi giorni fa aveva appena detto: «Corbyn? Ai laburisti piace perdere. La sua elezione a capo del Labour ha reso felici i conservatori». Ah ah ah. Che buffo.

Riaprire a sinistra, dicendo un po’ maldestramente a Giuliano Pisapia che c’è un posto in lista per lui. E sentirsi dire persino da quello che ti ama di più, da quelle parti: «Facciamo le primarie, poi vediamo chi vince». L’ex sindaco di Milano ha gioco facile: «lo sono per il massimo dell’unità ma non si può fare un’apertura dopo mesi e mesi in cui abbiamo cercato un’alleanza di centrosinistra in discontinuità e soprattutto dopo una sconfitta come quella di ieri (l’altro ieri, ndr)».

Mica facile riaffacciarsi a sinistra, per esempio da quelli della lista Tsipras, e tu sei quello che, il giorno del referendum in Grecia, mentre lui si giocava tutto, aveva detto: «Tispras? Sta sbagliando. Deve capire che i debiti si pagano!», Riaffacciarsi a sinistra, e ritrovare il cipiglio orgoglioso di Stefano Fassina, quello di cui tu avevi detto sprezzante: «Fassina chi?». Ah ah ah, che ridere. Lui non aveva sorriso e si era dimesso. Torni a sinistra, dove fare un convegno sullo stato sociale o sulla giustizia è come prendere un aperitivo a Milano, e ti ritrovi al tavolo, magari, Stefano Rodotà. Uno che come minimo ti chiede conto di quando con Maria Elena Boschi avevi maramaldeggiato: «Ma non ero un professorone saccente, io?», Torni a sinistra e ti trovi in un bel tavolo negoziale con Susanna Camusso, che ti sta organizzando contro una manifestazione, per la piccola truffetta che la tua maggioranza ha appena messo in campo per disinnescare il referendum Cgil. Prima abrogando i voucher, per bruciare l milione e mezzo di firme e impedire il voto, e poi reintroducendoli perché si sa -passata la festa gabbato lo santo. Tornare a sinistra dove c’è Sergio Cofferati, e ricordarti improvvisamente di quello scambio memorabile che hai avuto con lui su La7, quando dicevi sorridendo: «Saluto Sergio Cofferati, che stimo come persona, ma che come leader sindacale considero uno dei maggiori responsabili della catastrofe di questo Paese».

E magari ricordarti, solo mentre gli sorridi, che lui quella volta ti aveva risposto: «Saluto Matteo Renzi. Che non stimo. Né come come persona né come politico». Alé. Lo stesso Cofferati che a sua volta ricordava a Renzi, Quasi impassibile, la sua pensione con contributi figurativi maturata dopo l’elezione a presidente della Provincia, e a cui rispondevi, dandogli improvvisamente del lei: «Stia attento, la querelo». Tornare a sinistra sapendo che hai fatto arrabbiare tutte le categorie tradizionali del vecchio Pci. A partire dagli insegnanti. O dagli operai: a partire dalla Fiom di Maurizio Landini e da Giorgio Airaudo, quando ai tempi del referendum eri andato in tv a gridare: «Si deve stare con Marchionne, senza se e senza ma». Adesso, se ti riavvicini a sinistra, ti devi sedere in Parlamento vicino ad Airaudo, che in un fuori onda captato da Striscia la notizia, vagamente incazzato, si lasciò sfuggire questo affettuoso pensiero su di te: «Renzi è spregiudicatissimo, è un delinquente politico, io penso questo di lui». Ma non era finita: «Matteo», proseguiva Airaudo,«è un democristiano digitale, si muove su un frame, ha la capacità di cogliere l’attimo, è velocissimo. Ma è quasi solo quello. Io non gli girerei mai le spalle, non gli darei mai il portafoglio». E ancora alé. Affacciarsi a sinistra dove il nuovo padre spirituale è Massimo D’Alema, quello a cui in direzione hai dedicato l’ultima battuta acidissima: «Non vedo l’ora che parta la commissione d’inchiesta sulle banche. Quanto sarà interessante discutere della Banca 121 o di Antonveneta», Pensa che bello fare un bel dibattito con il leader Maximo, a cui hai dedicato una cattiveria al giorno. Oppure ritrovarti faccia a faccia con quelli di Possibile, dopo che avevi detto: «Civati? Strumentalizza il dolore solo per livore contro di me». Bene.

O tornare a dialogare con Roberto Speranza ed Enrico Rossi dopo aver detto: «Non si fa nessuna alleanza con chi è uscito dal Pd», Devi evitare di incontrare Enrico Letta, che non è affatto «sereno». Oppure correre il rischio d’incrociare in corridoio Pier Luigi Bersani, di cui hai detto: «Lui e D’Alema sono due senza futuro». Tornare a sinistra e… Ma se uno è nato nella Margherita alla destra di Ciriaco DeMita e di Francesco Rutelli. Come fa a tornare in un posto dove non è mai stato?

Luca Telese (La Verità)

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