Le anime belle che non sanno decidere

Fabrizio c'è Milano
Milano 15 Giugno – Dopo aver allevato per decenni comitati e ambientalisti vari è veramente dura per il PD riuscire a prendere delle decisioni di governo. Esemplare è la questione degli scali ferroviari.
Quel milione e 250.000 metri quadri di città che vanno trasformati da luogo di degrado a funzioni utili ha già atteso 6 anni per le contorsioni interne alla sinistra.
Infatti nella scorso legislatura, con Pisapia, alla fine l’accordo di programma fra Ferrovie dello Stato e comune saltò. Adesso dopo 1 anno di ascolto, consultazioni, audizioni, analisi, dibattiti e workshop, sarebbe anche arrivato il momento che il Comune decidesse cosa fare su queste benedette aree di Porta Genova, scalo Farini, scalo Romana, Lambrate ecc.
Ma siccome i consiglieri municipali e i quadri del PD milanese sono cresciuti a pane e opposizione a ogni progetto di riqualificazione della città, siccome considerano la parola “privato” un pericolo, non riescono a decidere come trasformare le aree e quante volumetrie assegnare. Sopratutto pare non entrargli in testa che per riqualificare un’area ci vogliono i dané. E le  risorse, oggi ancor più di prima, non possono che arrivare da investitori  privati.
Dunque è in corso una specie di seduta di psicanalisi collettiva della sinistra che segue una lunga liturgia. Dopo la fase dell’ascolto, durata un anno, la sinistra vuole approvare una mozione super generica che però contiene tutte le parole d’ordine del politically correct: “ecosostenibilità, fiume verde, rotaie verdi (cosa siano è un mistero), permeabilità ciclopedonale, social housing…
Però è ancora lontana la fase in cui il Comune mette nero su bianco cosa vuole. La Giunta Sala stenta però ad assumersi la responsabilità di stabilire quanti metri quadri di costruzioni realizzare e quali funzioni chiedere in cambio con precisione: parchi, scuole, trasporto pubblico, case popolari etc.

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