Milano 20 Giugno – Chiamato da Omero la “sostanza divina” e conosciuto dai romani come “l’oro bianco”, il sale è sempre stato un componente essenziale della nostra alimentazione. Nell’antichità era considerato un bene di lusso, ma al giorno d’oggi è un ingrediente a basso costo e facilmente accessibile. La maggior parte di noi pensa che mangiare insipido è meno appetibile e sottovaluta il sapore dei cibi.
Il sale svolge un ruolo fisiologico importante per il funzionamento del nostro organismo come quello dell’omeostasi dell’acqua e dell’equilibrio idro-elettrolitico. Tuttavia, un consumo eccessivo di sale può generare e/o aggravare malattie come ipertensione arteriosa, malattie renali, cardiache e cerebrali.
Ma è davvero così? Ce lo spiega il Dott. Rodolfo Rivera, specialista in Nefrologia e Cardiologia, Dirigente Medico della Divisione di Nefrologia dell’Ospedale San Gerardo, ASST – Monza.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha recentemente emanato nuove linee guida che riducono la quantità di sale giornaliera nell’alimentazione. Finora, l’OMS raccomandava il limite di 5 grammi di sale (che corrisponde a circa 2 grammi di sodio), ma adesso gli adulti – afferma il Nefrologo – dovrebbero consumare una quantità inferiore. Inoltre, la dose di sale raccomandata per i bambini si deve aggiustare al loro peso, all’altezza ed all’energia consumata.
Secondo uno studio pubblicato sul prestigioso giornale “British Journal of Medicine” realizzato nell’ambito del Programma MINISAL-GIRCS, il consumo di sale nella popolazione italiana adulta è significativamente maggiore nelle regioni del Sud rispetto a quelle centrali e settentrionali. In particolare in Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata il consumo medio giornaliero si attesta oltre gli 11 grammi contro valori inferiori ai 10 grammi in tutte le altre regioni. Questa differenza sarebbe attribuibile alle diseguaglianze di ordine socioeconomico tra le diverse aree geografiche del nostro Paese.
Quali danni produce l’eccesso di sale?
L’evidenza scientifica disponibile sugli effetti negativi che il consumo eccessivo di sale ha sulla salute è indiscutibile, spiega il Dott. Rivera:
- Aumenta la Pressione Arteriosa: soprattutto in persone predisposte, attraverso diversi meccanismi come l’attivazione del sistema renina-angiostensina- aldosterone, e del sistema nervoso simpatico, che portano ad una maggior ritenzione di liquidi, contribuendo ad aumentare il volume del sangue e della pressione sulle pareti arteriose.
- Sovraccarica il cuore: l’aumento pressorio e del volume ematico incrementa la gettata cardiaca e le resistenza periferiche, portando all’ingrossamento e alla sclerosi delle pareti del cuore (ipertrofia cardiaca) e delle arterie (arteriosclerosi).
- Grava sulle cardiopatie: nei soggetti affetti da cardiopatie croniche, l’eccesso di sale genera ritenzione idrica con la formazione di edemi declivi, portando improvvisamente allo scompenso cardiocircolatorio ed al rischio di complicanze maggiori.
- Aumenta il rischio di malattie renali: più dell’80% del sale assunto nella dieta eliminato dai reni attraverso le urine, aumentando la perdita urinaria di calcio che incrementa il rischio di calcolosi renale nella popolazione generale e di osteoporosi prevalentemente nelle persone anziane.
- Accelera la progressione dell’insufficienza renale: in soggetti con insufficienza renale cronica, il consumo esagerato di sale aumenta i valori pressori e la velocità di progressione della malattia, esponendolo ad un maggior rischio di malattia renale avanzata e alla necessità di trattamento con la dialisi.
- Intolleranza gastrica: il eccesso di sale derivato dalla dieta o dai prodotti conservati sotto sale, possono alterare i meccanismi di protezione e la barriera gastrica provocando alcune patologie dello stomaco. Nei portatori di Helicobacter Pilori, aumenta il rischio di erosioni e di ulcera gastrica, cui si cumula l’effetto negativo del sale.
- Nella gravide: l’eccesso di sale aumenta il rischio di ipertensione gravidica e altre complicanze come l’eclampsia, in grado di aumentare il rischio di mortalità fetale.
- Nei bambini: è allarmante l’incremento della pressione arteriosa, dell’obesità e della sindrome metabolica associata alla dieta troppo ricca in sale nei bambini.
Ma, quale strategia adottare per ridurre il consumo di sale?
Si può dire che l’abuso quotidiano di sale non riguarda soltanto il sale che ognuno di noi “aggiunge” ai nostri piatti, ma piuttosto la quantità di sale presenti negli alimenti che giungono nelle nostre tavole. Tre quarti del sale che ingeriamo, infatti, derivano da prodotti salati durante la loro preparazione (artigianale o industriale), come pane, salumi, formaggi, piatti pronti, pizze, torte salate, minestre in scatola, sandwich, cereali e anche succhi di frutta, bibite, latticini zuccherati, biscotti.
Il Dott. Rivera ritiene che le società scientifiche di settore e i sistemi sanitari locali hanno un ruolo fondamentale nel sensibilizzare dell’opinione pubblica a questo riguardo. Negli anni Settanta, il governo Finlandese iniziò un programma sistematico di informazione alla popolazione sui benefici della riduzione dell’apporto di sale sulla salute. Alcune misure adottate come la definizione del contenuto di sale riportate sulle etichette dei prodotti, il forte coinvolgimento dei mass-media e la cooperazione con l’industria alimentare si sono rivelate scelte vincenti. Il consumo medio giornaliero di sale nella popolazione finlandese è passato da circa 12 g nel 1979 a circa 8.5 g nel 2002; nello stesso periodo, si è rilevato un calo medio della pressione arteriosa di circa 10 mmHg ed una riduzione di circa il 70% di ictus cerebrale e mortalità cardiovascolare.
Pochi giorni fa in Italia, l‘associazione dei dietisti italiani e l’associazione nazionale degli emodializzati hanno dato il via ad una campagna mediatica sul web volta a ridurre il consumo di sale nei soggetti affetti da malattia renale.
Ridurre il consumo di sale è necessario per preservare la propria salute. Per tale motivo, il Dott. Rivera propone 10 consigli pratici per cambiare le proprie abitudini e, soprattutto, resistere anche
se l’alimentazione sembra insipida. Inoltre afferma che, dopo 3-4 settimane circa, le papille gustative diventano più sensibili al sapore salato e si accontentano di meno sale, apprezzando molto di più il sapore originale dei cibi.
Consigli per diminuire le quantità di sale:
- privilegiare frutta, verdura, legumi e tuberi freschi (o surgelati non lavorati);
- cuocere carne e pesce senza aggiungere sale (il sodio è già presente in natura);
- acquistare pane sciapo, evitando i prodotti di panetteria;
- salare la pasta poco e a fine cottura (o salare solo il condimento);
- nella scelta dei prodotti industriali (come cracker, patatine, snack eccetera) prediligere quelli senza sale aggiunto o a basso contenuto di sodio (leggere sempre la tabella nutrizionale);
- per condire sostituire il sale con spezie, erbe aromatiche, aceto, limone eccetera;
- limitare l’uso di carne e pesce in scatola;
- limitare l’uso di affettati e pesce affumicato;
- limitare l’uso di salsicce e wurstel;
- limitare l’uso di cibi pronti.
Per saperne di più sull’argomento, conclude il Dott. Rivera, visita il sito:
www.fondazioneitalianadelrene.org
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