Milano 21 Giugno – Alcuni hanno cartelli appesi al collo: «Oggi ci sono. Domani non lo so». Altri mostrano il loro contratto: «Data di scadenza — si legge — 1° gennaio 2018». Altri ancora hanno sostituito la targhetta appesa al taschino con la scritta: «Io sono un precario». I camici bianchi per un giorno sventolano dalle finestre dei laboratori, loro sono scesi tutti in strada a volantinare: «Vogliamo un futuro — dicono —. Senza di noi sono a rischio le cure mediche». È la protesta dei mille ricercatori degli ospedali d’eccellenza che rischiano il posto per effetto del Jobs act del governo Renzi e del decreto del ministro Marianna Madia sul Pubblico impiego.
Sono i migliori cervelli d’Italia eppure da cinque, dieci, quindi anni, lavorano con passione a capo chino con contratti atipici, senza mai alzare la voce, in attesa di essere stabilizzati. Adesso non ce la fanno più. Dopo gli ultimi provvedimenti del governo Renzi hanno visto allontanarsi il loro sogno di potere fare ricerca senza fare la fame. Così, tra le nove e le dieci di martedì, i precari dell’Istituto nazionale dei tumori, del neurologico Besta, del Policlinico e del San Matteo di Pavia sono usciti dagli ospedali per sensibilizzare l’opinione pubblica. «Jobs Act e Decreto Madia sul Pubblico impiego hanno giustamente eliminato i co.co.co. anche dalla Pubblica amministrazione, ma non hanno trovato uno sbocco normativo per noi precari della ricerca sanitaria pubblica — hanno denunciato —. Non è stato previsto alcun piano di stabilizzazione. Questo vuoto normativo potrebbe presto avere gravi conseguenze per la ricerca sanitaria pubblica e indipendente in Italia».
Chi sono
Sono biologi, biotecnologi, farmacisti, chimici e tecnologi del farmaco, psicologi, statistici, medici, tecnici, amministrativi e altro personale di elevata professionalità che lavorano negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), gli ospedali più all’avanguardia per la ricerca scientifica. «La nostra ricerca — spiegano nei volantini diffusi ai pazienti — ha due obiettivi: identificare nuove terapie per malattie rare o (ad oggi) incurabili e mettere a punto nuove strategie diagnostiche che aiutino a migliorare la qualità di vita dei pazienti».
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Problema da risolvere
La mobilitazione si è svolta in contemporanea in tutta Italia, dove complessivamente sono a rischio 3.500 precari. Ma la protesta ha preso il via da Milano, dove sono scesi in campo i direttori scientifici, ossia i gran capi, dei quattro Irccs. «È una vergogna — hanno ammesso —. Quattro ricercatori su dieci che lavorano nei nostri Irccs sono a rischio. Tutti con contratti atipici, anche se vantano grandi competenze, un’importante produzione, un’elevata professionalità e un forte senso di appartenenza. Il rischio è di avere gravi ripercussioni sul mantenimento della nostra eccellenza medico-scientifica e sull’offerta di cure innovative. Noi non possiamo prescindere dall’attività dei nostri ricercatori». Il dossier è all’attenzione dei ministeri della Funzione pubblica di Marianna Madia e della Sanità di Beatrice Lorenzin. Sull’argomento si è svolto un vertice a Roma lo scorso 5 giugno.
Simona Ravizza (Corriere)
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