Milano 21 Giugno – Una sola ospita i pesci rossi. È la fontana della Guastalla, nata come peschiera nel Seicento. Oggi di fontane, gestite direttamente dal settore Arredo pubblico del Comune, la città ne conta 85. Per la sola manutenzione pesano sul bilancio annuale non meno di seicentomila euro. Due volte all’anno vengono svuotate e rimesse a nuovo, dalla vasca all’impianto. Ogni due settimane, squadre dedicate provvedono a rimuovere con retini non solo foglie secche ma tutto ciò che lì viene gettato, dalle bottiglie di plastica ai carrelli del supermercato. Nel computo complessivo vanno aggiunte una decina di fontane storiche (quella presente nel quartiere Citylife), o di nuova realizzazione, come in piazza Gae Aulenti, la cui gestione per qualche anno è a carico dell’operatore privato che lì ha realizzato un intervento urbanistico.
In questi giorni, le pulizie di primavera toccano alla fontana di piazza Cadorna, che ospita l’enorme scultura alta 18 metri, «Ago, Filo e Nodo», che divise la città fin dal momento dell’inaugurazione, nel febbraio del 2000. E a quella di piazza San Babila, articolata struttura che vuole ricordare la ricchezza d’acqua della regione ed è intitolata, non a caso, «I monti, i laghi, i fiumi di Lombardia». La realizzò Luigi Caccia Dominioni con graniti provenienti dalla Val Masino, Val Gerla, Baveno e Montorfano. L’acqua sgorga da un tronco di piramide di pietra rossa con un grande pomolo sulla cima, scivola lungo le pareti levigate della montagna stilizzata e riempie la vasca rotonda sottostante. Verso il centro della piazza l’acqua ricompare in un’altra grande vasca simile a un lago.
Svetta la scultura in ferro sulla fontana, senz’acqua, del parco Portello. In piazza Fontana c’è la prima fontana pubblica della città. La volle Maria Teresa d’Austria e fu progettata in stile neoclassico dal Piermarini. Tanto importante con la sua struttura a tre vasche sovrapposte (l’acqua sgorga da un pennacchio) che diede nome alla piazza. Non si badò a spese: le due sirene (ribattezzate dai milanesi le «Teodolinde») che si riparano sotto la vasca più grande, accovacciate su delfini, sono in marmo di Carrara. I fianchi esterni sono ornati da quattro grandi mascheroni. I documenti raccontano che ci vollero 13 anni per completare l’opera e che nel giorno dell’inaugurazione (15 agosto 1782) non era ancora finita.
Dal centro alla semiperiferia, merita una sosta la fontana nei giardini di largo Marinai D’Italia: l’enorme vasca con zampilli coreografici, su cui si affaccia la monumentale «Onda Vittoria» (una vittoria alata in bronzo alta 7 metri), è attraversata da un ponte con ringhiere di ferro e cilindri di marmo rosso che ricordano le ciminiere di grandi navi o le bitte sui moli.
Paola D’Amico (Corriere)
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