Milano 23 Giugno – Io sono un garantista, quindi in apertura ed in chiusura dell’articolo lo ribadirò, convinto: Beppe è innocente. Oggi. E prima che venga un giorno, forse, chissà, dichiarato colpevole passeranno anni. Non decenni solo perché, per sua fortuna, la legge sulla prescrizione in via di emanazione, non è retroattiva. In ogni caso, c’è il fondato sospetto che qualcuno non voglia che mangi il secondo panettone a Palazzo Marino. Questi i fatti, riportati da Il Corriere:
Ora l’accusa postula che in quel momento la gara avrebbe dovuto essere riformulata: invece, dal quadro complessivo non fu scorporato il valore (4/5 milioni) corrispondente al costo del «verde», rispalmato anzi su altre voci per lasciare intatto il bando complessivo; e dunque la regolarità della gara sarebbe stata turbata perché in linea teorica, una volta che il segmento del «verde» era stato depennato, altre imprese (che magari non avevano presentato offerte perché non in grado di fornire anche il «verde») avrebbero invece potuto partecipare alla corsa per la «Piastra» o formulare offerte differenti. In seguito, peraltro, il vivaista non fu in grado di far finanziariamente fronte alla fornitura, e dunque Expo, ritrovandosi ancora una volta in affanno, per motivi di asserita urgenza ricorse all’affidamento diretto all’impresa Mantovani che aveva vinto la gara complessiva. Urgenza relativa, se dopo cinque mesi la Mantovani comprò le essenze arboree potendo giostrare l’ampiezza della forbice tra gli stanziati 4,3 milioni e il costo affrontato dalla ditta di 1,6.
Si parla di alberi, fiori e frutti. Si parla ancora di Expo. Si parla di appalti. Ma si parla anche di una Procura, per una volta, spaccata. L’avocazione e la sostituzione del PM non è un segnale casuale. È stata da più parti e più volte postulata l’esistenza di una pax togata. Di sicuro toghe notoriamente iperattive in questi anni se la sono presa comoda. E la cosa non è passata senza cicatrici. Riporta sempre il Corriere:
Ceneri non ancora del tutto spente, a giudicare ad esempio ieri dalla lettera di saluto ai 90 pm milanesi di Roberto Pellicano, neoprocuratore di Cremona e uno dei tre pm dell’archiviazione respinta: «Lascio un ufficio che mi piace meno di quello che avevo incontrato al mio arrivo nel 2001», scrive, «la vicenda Bruti-Robledo mi ha profondamente segnato e strappato» da «una ingenua e consolatoria idea di “diversità” della magistratura che è stata spazzata via in pochi mesi». «Non sarò mai riconoscente a sufficienza per la consapevolezza di autonomia quasi ostinata, anche verso me stesso, infusami dalla Procura di Milano, ispirazione che non è scomparsa ma occorre mantenere viva» per respingere «l’idea nichilistica, spesso conveniente, che una decisione valga l’altra, e non invece che ve ne sia una sola da ricercare, quale giuridicamente corretta».
Questo scontro potrebbe placarsi se, per esempio, si trovasse una vittima sacrificale per rinfocolare la sacra fiamma inquisitoria. Un Sala qualsiasi ad esempio… che, lo ripeto, ad oggi è innocente. Ma, a Milano, in procura, l’innocenza ha mai protetto qualcuno? A me non pare…
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,