Milano 2 Luglio – Sarà per il Renzi Matteo in prima fila, nell’iconografia della solita camicia bianca slacciata.
Sarà per il capo, ecco. Ma,- tra i giovani volontari sorridenti in maglietta gialla, sussurri stridenti dei militanti chic della prima cerchia dei Navigli, schitarrate blues e Fassino in un angolino assieme a Cuperlo -; bé, ecco, lo sguardo d’insieme più impressionante, durante due giorni dei Circoli Pd al teatro Linear Ciak di Milano, stava nella latitanza di cravatte. Le cravatte, forse di destra, erano inversamente proporzionali al senso di militanza. Gli unici ad indossarle erano il sottoscritto e l’addetto al linguaggio dei sordomuti. E Beppe Sala. E, sarà un caso, ma è stato proprio il sindaco di Milano che, issatosi sul palco, ha cominciato, con gesti gentili, a sparare sul Pd: «Non è che così, de plano, vinciamo le Politiche. L’elettore emiliano o romagnolo di famiglia comunista che ha votato Lega non è che ha votato Lega alle amministrative e voterà noi alle politiche, non è così»; «Noi abbiamo subito una sconfitta anche dura! Non entro in polemica, ma sento gli elettori di centrosinistra al bar che fanno fatica a difendere il Pd…»: «La verità è che abbiamo messo poco a fuoco le questioni che muovono la pancia degli elettori…», Sala, davanti al leggio, è di una sincerità inumana. Dopo il peana del ministro Martina, il precedente relatore, al Pd («Siamo un partito utile e umile ». Umile, soprattutto), le fucilate del sindaco strappano più stupore che applausi. Sala dice quello che pensano tutti ma che, Renzi presente, pochi affermano: «A volte abbiamo lasciati soli i nostri candidati sul territorio. Non si può sostenere l’idea vincente dei sindaci e poi non metterla in pratica». E ancora, sull’immigrazione e sulla sicurezza («con il lavoro sono le vere due ossessioni delle gente») invoca la risoluzione di quei problemi che «hanno creato i nostri governi».
Ed ecco, allora, l’imprevista invocazione del leader della Lega Nord: «Ci vuole più cattiveria. Dovunque andavo, da Lodi a Piacenza sentivo: qui è passato Salvini, e ci è ripassato anche dopo: ecco, noi non l’abbiamo fatto abbastanza». E un’altra scudisciata sulle Primarie: «È inutile che le facciamo, che ci facciamo vanto del metodo Primarie, se poi non mettiamo i candidati più forti. Gli altri purtroppo lo fanno. Se continuiamo così ci facciamo del male». E un’altra sparata ancora sui burocrati -del pd-inetti: «quando penso all’immigrazione non penso a Milano. Perchè, nonostante io possa fare degli atti impopolari, la città cresce talmente che i cittadini diventano più indulgenti. Ma pensate al sindaco romagnolo che non ha Milano, non ha l’altro lato della medaglia. Dobbiamo trovare il modo che i sindaci che fanno la loro parte siano premiati, a differenza di quelli che scaricano i migranti sugli altri e basta…», Non è un discorso che – diciamo – infiamma gli animi. C’è solo una signora in prima fila che ride, probabilmente non capisce, e commenta nel vuoto «Che sagoma…».
Ma in prima fila, quella dei dirigenti Pd pregiati, si stiracchiano sorrisi di circostanza. Zanda è pietrificato, Franceschini affonda fieramente nella sua camicia nera, Orlando fissa il vuoto e la Pollastrini sfodera un’espressione congelata nel lifting. Dopodichè, il sindaco, notata l’aria un po’ tesa, si ributta a sinistra: polemizza con quelli di Casa Pound che hanno fatto irruzione in Consiglio Comunale brandendo il saluto romano; e dà la disponibilità a costruire per il Pd un futuro migliore.«Ho di fronte ancora quattro anni da sindaco. So che mi troverò a gestire il mio prevedibile rinvio a giudizio» ha concluso Sala «però questo moralmente non mi indebolisce, ho ricevuto tantissime manifestazioni di affetto». Segue meravigliosa lezione di leadership dell’ex allenatore di volley Mauro Berruto, tra Chaplin Muhammad Ali e il pittore Turner.
E meno male che qui, a Milano, doveva essere una riunione tra amici. I nemici, per capirci, dovrebbero essere quelli di Campo Progressista e Mdp-Articolo1, Bersani e gli altri, raggrumati contemporaneamente a Roma, attorno allo spettro gentile di Pisapia; tutti uniti per «ricostruire un centrosinistra alternativo », e, in pratica, fottere Renzi. Martina cita Vasco Rossi «Non è facile cambiare le abitudini di una stagione». D’accordissimo. Tutta la nostra solidarietà…
Francesco Specchia (Libero)
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