Racconta Repubblica:
“Per dare l’idea della crisi che vive il treno lombardo i pendolari scavano nella memoria. E richiamano addirittura il ricordo più funesto nella storia recente delle ferrovie regionali, quel dicembre di cinque anni fa quando il sistema collassò drammaticamente con una media di 470 cancellazioni al giorno per una settimana. Solo allora, dicono, andò peggio rispetto a oggi. Un ricordo nero per denunciare “un mese di giugno 2017 con una serie inaccettabile di disservizi, in progressivo e costante peggioramento”, attacca il Coordinamento dei pendolari lombardi in una lettera indirizzata a Regione e Trenord.
Cinquanta, anche oltre cento sono le soppressioni che ogni giorno si registrano sulla rete lombarda, questa è la loro denuncia. Guai che si sono verificati in particolare sulle tratte più critiche, la Milano-Pavia, la Brescia-Bergamo e la linea del Cremonese. L’azienda certifica un numero simile, una media di 82 cancellazioni al giorno nel mese di giugno (il 3,5 per cento del totale delle corse secondo Trenord, comunque meno delle 96 del 2016 e lontane dalle quasi 500 al giorno del 2012). E non nasconde la necessità di fare investimenti. Il governatore Roberto Maroni parla di “richieste meritevoli di attenzioni” ed esige chiarimenti: “Ho chiesto a Trenord di rispondere a loro e a me”. Ma la soluzione a tutti questi mali c’è ed è una: comprare 160 treni nuovi.”
Si può ignorare la realtà, ma non si può ignorare le conseguenze dell’averlo fatto. Questa è la lezione sul trasporto pubblico in questo paese. Che non funziona. Non funziona ovunque, beninteso. Se vogliamo un esempio particolarmente calzante, prendiamo il Veneto. Il problema è sempre lo stesso. Una flotta vecchia. Un contratto di servizio che sembra il libro dei sogni ed una realtà decisamente sotto le aspettative. Come mai? Perché ci sono aspettative di base degli utenti che si scontrano con la realtà. I mezzi pubblici costano. Costa mantenerli. Costa sostituirli. Costa il personale. Però i pendolari vogliono prezzi contenuti, servizi altissimi e zero disagi. Queste tre cose, assieme, non si possono ragionevolmente avere. Non potendo ottenere il risultato prefissato, ci si aggiunge il classico lassismo del pubblico in gestione diretta, ed il problema è servito.
Con una aggravante: all’aumentare della grandezza del servizio, scalano molto di molto di più le inefficienze. Ecco perché Ferrovie Italiane devono stare il più possibile lontano da ATM, perché, se gli fosse concesso di amministrarle, avremmo un disastro su rotaie comparabile a quello di Trenord e per i medesimi motivi. Quindi, per una volta, cerchiamo di imparare dalla storia. Prima che si ripeta.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,