Per fermare il racket nelle case popolari c’è un solo modo: vendere

Milano

Di seguito riportiamo alcuni stralci dell’intervento del presidente della fondazione Anna Kulishoff sul tema case popolari, pubblicato originariamente su Il Giornale:

Le crisi che si sono succedute negli anni hanno limitato molto le possibilità di investimento, aggravato il fenomeno della morosità e hanno visto il diffondersi delle occupazioni illegali che oggi a Milano interessano 4mila alloggi. L’obiettivo di dare una casa alle fasce più povere della popolazione o ai giovani che vogliono costruirsi una famiglia è di assoluta attualità, ma c’è da chiedersi se le istituzioni e tutte le forze politiche e sociali, al di là degli omaggi rituali all’edilizia popolare, siano non solo consapevoli delle condizioni necessarie per raggiungere gli obiettivi, ma abbiano davvero la volontà politica di farlo. A Milano la «casa pubblica» riguarda quasi il 20 per cento dei nuclei familiari, una città nella città. In passato ha svolto non solo una funzione di servizio sociale, ma quando gli enti vendevano l’alloggio agli inquilini per rifinanziarsi, ha permesso a decine di migliaia di persone di divenire proprietari della loro abitazione. Il «riscatto» è stato un ascensore sociale che ha contribuito alla formazione di quella piccola borghesia operosa che costituisce uno dei fondamenti della multiforme realtà sociale di Milano. […]

[…] occorre ripristinare un canale di finanziamento continuativo di natura statale in misura inferiore a quella del passato, ma diretto a intervenire nelle grandi aree metropolitane dove maggiore è la domanda di alloggi.

In questo contesto gli enti proprietari devono garantire una gestione trasparente e virtuosa che non può limitarsi all’ordinaria amministrazione. Fatti salvi i costi sociali sostenuti per la tutela delle fasce povere degli inquilini, il management deve generare livelli ragionevoli di autofinanziamento. Lo stesso fatto che esistano a Milano due soggetti come Mm e Aler che amministrano le case popolari, l’uno per conto del Comune e l’altro per conto della Regione, dovrebbe spingere quantomeno a forme di collaborazione e di coordinamento per razionalizzare e rendere più efficace il funzionamento di entrambi.

Ecco, sono certo di poter contare sull’indulgenza dell’egregio presidente della fondazione Kulishoff, se dico che l’ultima cosa che ci serve è un carrozzone assistenzialista per creare nuova borghesia. Lo Stato, come agenzia immobiliare porta a tutti i fenomeni che si vorrebbero evitare. Occupazioni, incuria e degrado originano proprio dal fatto che non sa fare il padrone di casa. Quindi, se proprio abbiamo deciso di voler difendere alla morte l’idea ottocentesca che i poveri debbano vivere in case costruite dal pubblico, almeno riduciamo solo a questi l’ambito di applicazione dell’edilizia pubblica. E trasformiamo gli altri nella cosa più liberale delle condizioni: quella di proprietari. Che difendono, armati se serve, la proprietà dagli invasori. E senza alcun bisogno di finanziamenti, anzi generando subito reddito. Ovviamente non succederà mai, ma che costa sognare?

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