Di sicuro lo rifarebbe , convinta di aver fatto bene a raccogliere quel batuffolino in mezzo alla strada che rischiava di essere tra-volto da un’automobile. Gli ha salvato la vita a quel gattino di pochi giorni abbandonato dentro una scatola di cartone Patrizia Antonino, operatrice socio sanitaria: «Mi guardava con gli occhietti tristi e miagolava per la fame. Come facevo a lasciarlo lì? E così l’ho preso, era piccino, stava sul palmo di una mano». Per questo è stata licenziata. Licenziata per aver aiutato un micetto caricandolo sul pullmino che trasportava i malati di Alzheimer a casa.
Un provvedimento fuori da qualsiasi logica, preso probabilmente da chi fa fatica ad avvicinarsi al mondo animale con il rispetto e la sensibilità che merita. Mi vengono in mente scene raccapriccianti di malati e bimbi indifesi maltrattati da infermieri e maestre che dovrebbero prendersene cura. Con amore (forse è chiedere troppo). Lì nessuno licenzia nessuno, se non dopo l’intervento della magistratura. A volte. Più spesso si conclude tutto con qualche giorno di sospensione. Ecco perché «Licenziata per aver aiutato un gattino! È un’ingiustizia», come si legge nel post lanciato sul web, diventato virale. Mentre il mondo dei social manifesta indignazione per quanto accaduto a Patrizia 43 anni, ex dipendente a tempo indeterminato di una cooperativa sociale, la Anthropos, che si occupa di assistenza ai malati di Alzheimer presso la casa di cura “Gocce di memoriali, a Giovinazzo, in provincia di Bari’ noi ripercorriamo la storia. Tutto risale a qualche mese fa, a quel pomeriggio del 9 maggio, quando la donna si è messa alla guida del pullmino per accompagnare a casa alcuni malati di Alzheimer. Mentre sta uscendo dal giardino della casa di cura, vede il gattino attraversare la strada, frena bruscamente evitando di investirlo. Per non essere accusata di omissione di soccorso di animali, l’infermiera scende cercando di rimetterlo nella scatola da cui era scappato.
Entusiasti i nonneti a bordo chiedono a gran voce di far salire sul mezzo il gattino. L’infermiera li accontenta, assicurandosi, al tempo stesso, che nessuno si avvicini al randagio. Tra i pazienti però c’è una signora che chiede di poter tenere con sé il micio, e quando il pullmino si ferma davanti alla sua abitazione la nipote si offre di tenerlo in casa con agli altri gatti di cui già si occupa. Così l’infermiera lo affida alle sue cure.Una storia a lieto fine per “Trovatello”, così è stato chiamato il micio. Poi la doccia ghiacciata: l’infermiera viene sospesa dal lavoro e poi licenziata. La direzione sanitaria della casa di cura conferma il racconto dell’infermiera, ma il presidente della Anthropos resta convinto del provvedimento: l’operatrice andava licenziata perché il gattino «non poteva essere caricato sul pullmino, poteva avere malattie. Senza contare che non era custodito nella gabbietta di sicurezza come previsto dal codice stradale. In caso di pericolo improvviso, poniamo una frenata brusca, cosa sarebbe potuto succedere? È un comportamento che poteva mettere a repentaglio l’incolumità di tutti». Da non crederci.
Daniela Mastromattei (Libero)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845