“Eh, signora mia, così fan tutti”. È la risposta standard ad un’utenza vagamente inferocita per l’aumento dei tempi d’attesa del trasporto pubblico Milanese. Come ogni estate, va in scena la fiera dell’ipocrisia. Si paga uguale, ma ci si muove la metà. Con punte anche di venti minuti d’attesa su alcune corse della metropolitana, la situazione comunque peggiorerà ancora ad Agosto. Tutto Agosto. Il trasporto pubblico, tradizionalmente, segue il ritmo delle scuole, basandosi su un mondo in cui le fabbriche stavano in città e le persone si potevano muovere in altro modo per arrivarci. O che, come Fantozzi insegna, erano disposte a viaggiare su carri bestiame. Cinquant’anni dopo, forse, questa logica sarebbe da rivedere. Più che altro perché, se anche così fosse fatto altrove, un sistema che non consente abbonamenti annuali, soffre particolarmente di questa discrepanza. Dove sono nato io, Padova, l’abbonamento annuale scontava intere mensilità. Il che aveva un senso, perché d’estate, appunto, il servizio non era intero. Ma, pare, questo non sia possibile farlo a Milano. Non sono un tecnico, quindi non andrò oltre, se non per spiegare una ragione profonda di questa scelta di servizio che, di norma, non viene considerata.
Quando noi paghiamo il biglietto, paghiamo un servizio? In teoria sì. In pratica no. Ne paghiamo una parte e non si arriva, di solito, alla metà. Questo è il grande problema del trasporto pubblico, non è sostenibile. Non è redditizio. Non ha senso economicamente. È il feticcio classico dei difensori del welfare perché, di fondo, è il totem di tutto quello che vorrebbe una società a economia sorvegliata: genera grandi benefici per grosse fasce di popolazione che pagano assai meno di quel che dovrebbero. Perché i costi veri, quelli effettivi, cadono su altre fasce di popolazione che comprano, a loro insaputa, biglietti che non usano. Il problema di questo sistema è inverso a quello capitalistico: più ha successo, meno è sostenibile. Se tutti lo usassero, probabilmente, il sistema collasserebbe. Detto questo, l’intero sistema si giustifica solo se il Comune fa di tutto per farlo utilizzare, altrimenti cade il palco ideologico. Sempre che ci sia un palco ideologico da far cadere. Beppe Sala non è Pisapia, vorrei ricordarlo. Quindi, alla fine della fiera, il trasporto pubblico a Milano funziona bene, ha molti passeggeri ed offre un servizio di qualità. Per questo, prima che divenga di troppo successo, va ucciso. O seriamente mutilato.
Per questo non avrete le riduzioni che chiedete. Pensate solo per un momento a cosa accadrebbe se Atm fosse una società privata che vi fa pagare intero un servizio dimezzato. Ma Atm non è privata, quindi può. Rifletteteci mentre attendete sotto il sole il prossimo autobus. Potreste scorgere, in lontananza, la soluzione…
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,