Renzi nega il “golpe” per Palazzo Chigi, e Letta esprime il suo “Disgusto”

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Milano 14 Luglio – Guarda «Avanti» ma sancisce una rottura definitiva del passato il libro con cui Matteo Renzi riparte dopo la sconfitta del 4 dicembre: il leader Pd nega che il suo arrivo a Palazzo Chigi sia avvenuto con un «golpe» ai danni di Enrico Letta, rovesciando la responsabilità sul Pd e ironizzando sulla «modalità broncio» del suo predecessore nel famoso passaggio della campanella. Una versione senza sconti, condita da frecciate ad un governo «di cui nessuno ricorda niente tranne l’aumento dell’Iva», alla quale Letta replica con poche ma nette parole di «disgusto» per «ennesime scomposte provocazioni».

Dice di aver scritto il libro da solo, «senza ghost writer», il leader Pd. E si vede. 235 pagine, pubblicate con Feltrinelli, in cui Renzi racconta i suoi Mille Giorni al governo con passione, entusiasmo ma anche con quella vis polemica che i suoi critici hanno sempre definito arroganza. Tornato dopo le dimissioni spinto «dalle 26mila mail» di chi gli diceva di non mollare – a loro è dedicato il libro -, il segretario dem guarda al futuro, pur assicurando di non «avere l’ossessione» di tornare al governo. E se la proposta all’Europa per portare il deficit al 2,9% per 5 anni «dando 30 mld all’anno per la crescita» come la «svolta» sui migranti è stata anticipata nei giorni scorsi, l’ex premier tiene invece in serbo, per raccontare il libro nel giorno del debutto in libreria, sopratutto le parti polemiche.

L’idea del libro, d’altra parte, era nata proprio dalla volontà di ricostruire la scalata a Palazzo Chigi. «L’idea che si sia trattato di una coltellata alle spalle è una fake news – scrive Renzi – come se Letta fosse stato usurpato di chissà quale investitura democratica o popolare» e invece «l’unica volta in cui Enrico si era candidato alle primarie, nel 2007, aveva raccolto la miseria dell’11% dei voti». È la `democrazia, bellezza´, è invece la versione dell’ex sindaco di Firenze che rivendica l’affettuosità dell«Enrico stai sereno’ e dice che lo rifarebbe. Il Pd «ha semplicemente deciso di cambiare cavallo» e Letta, a suo avviso, invece di prendere atto decide «di fare la parte della vittima che funziona sempre in un paese in cui si ha più simpatia per chi non ce la fa che per chi ci prova».

Troppo per Enrico Letta che nel pomeriggio decide di reagire: «Mi è tornata in mente la frase: `Sono convinto che il silenzio esprima meglio il disgusto e mantenga meglio le distanze´. Da tempo ho deciso di guardare avanti e non saranno queste ennesime scomposte provocazioni a farmi cambiare idea». Non reagisce invece un’altra personalità che trova spazio nel libro del segretario Pd: Ferruccio De Bortoli. L’ex direttore, che già nel 2014 criticò Renzi e nel suo ultimo libro ha rivelato un incontro tra la ministra Boschi e l’ad Unicredit Ghizzoni su Banca Etruria, passa nell’immaginario dell’ex premier da «straordinario giornalista british style» a quello di «megadirettore galattico mosso da pregiudizi». Anche perchè, sostiene difendendo la fedelissima, «il dossier popolari, il dossier Etruria, erano sotto gli occhi di tutti: non c’era certo bisogno che lo dicessero Ghizzoni o Boschi».

D’altra parte, ammette l’ex premier, «una delle sfide che perdiamo nel modo più clamoroso è quella delle banche» sia perchè «ci affidammo quasi totalmente alle valutazioni e alle considerazioni della Banca d’Italia, facendo un errore» sia perchè – rimarca- gli è rimasto addosso l’accusa di amici dei banchieri «ma a me le banche stanno antipatiche». Ma i veri errori che il leader dem ammette sono due: non aver capito che il referendum era stato politicizzato per farlo fuori e una narrazione talvolta «più simile al piazzista che allo statista». Ma, rilancia, «quanto si impara dalle sconfitte: i finti amici che se ne vanno, lo sport italiano della discesa del carro, ma anche tante cose che si possono fare (La Stampa)

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