Milano 17 Luglio – Alla fine rimangono solo i giardinetti con i giochi dei bambini. Venti anni fa c’erano i tossici nel parchetto davanti alla Case Bianche, periferia Sud Est di Milano, dov’è passato pure il Papa a benedire anche se ci vorrebbe come minimo un miracolo. Adesso c’è Carlo Di Natale, 54 anni, ex programmatore elettronico, ex tornitore, ex portalettere, ex uomo delle pulizie a Expo, oggi disoccupato: «Le vacanze a casa in Sicilia non ce le possiamo più permettere. Ma oggi devo anche dire no a mia figlia quando mi chiede il gelato». Le vacanze si facevano con la Fiat Brava che adesso ha 17 anni. Tutta l’Autostrada del Sole verso il sole: un giorno per andare, uno per tornare. Venti giorni diventavano diciotto.
Un lusso ora impensabile. «Oggi si fa fatica a pagare l’affitto. Le bollette sono un problema. La carne quando va bene la mangiamo una volta la settimana. Il dentista è un ricordo. Spero sempre che i miei figli stiano bene e non abbiano bisogno del medico. Ma devono andare a scuola e in ordine. Ci vogliono i soldi per la cartelle e i libri e i vestiti». Gabriel ha 7 anni. Alessandra 9. Sono sul divano davanti al televisore. Il piccolo gioca con l’unico cellulare della famiglia. In casa entra un solo reddito, quello della signora Cristina. A far le pulizie in un hotel a 5 stelle in centro guadagna 1000 euro al mese. Orari assai flessibili. Straordinari obbligati. Non ci sono altre entrate nella famiglia Di Natale, che ha pure altri 3 figli, frutto di altre convivenze o matrimoni, ma che per fortuna non gravano più sul bilancio di casa. «Devo confessare che mia madre pensionata è ancora di grande aiuto per noi».
I vestiti si comperano al mercato quando è proprio necessario. Quando è necessario un nuovo paio di scarpe, il precario equilibrio rischia di saltare. La spesa? Al discount guardando le offerte o al mercato settimanale. Per fortuna la casa non è troppo piccola, cucina abitabile, due camere, un bagno, c’è anche un vecchio condizionatore mobile che fa quel che può. Da un mese l’Aler ha promesso di aggiustare l’ascensore: 7 piani a scendere e 7 a salire sono davvero troppi. «Se rimaniamo qui è solo per i bambini. Sono davvero molto preoccupato per loro e per il futuro che li aspetta. Se non fosse per Gabriel ed Alessandra sarei già andato all’estero o tornato a casa». «A casa» è Siracusa che ha lasciato quando aveva 11 anni e suo padre aveva trovato un lavoro all’Alemagna che bastava per mantenere tutta la famiglia, compreso i 5 figli. A Siracusa si tornava ogni estate. Le case erano grandi. Le si dividevano tra parenti. Il mare era un passo. A pranzo si portava la pasta da casa. Alla sera qualche volta si andava in pizzeria. Si festeggiavano i compleanni e le ricorrenze tutti insieme.
Ma quello è un futuro che fa fatica a tornare. Anche solo il viaggio – tra benzina e autostrada – è oggi un costo insostenibile. «Le ho provate tutte per cercare un lavoro. Sono passato da ogni agenzia interinale. Ho la patente C. Farei qualsiasi cosa. Anche in Comune mi dicevano di tornare. Ho chiesto un sussidio, una social card e non mi hanno dato niente di niente. Poi vedi che i migranti hanno tutto». C’è molta dignità quando si racconta. La rabbia è contenuta ma c’è. «Lo dicono anche alla televisione che le cose sono cambiate da quando sono arrivati i migranti. Per noi non c’è più lavoro. Per loro c’è tutto. Mi chiedo come mai non sia ancora successo niente di grosso in questo Paese». Quello che deve succedere lo sogna la signora Cristina: «Ho la tessera della Cgil ma non la voglio più, tanto non fanno niente. Meglio Salvini, Putin e anche Trump».
Fabio Poletti (La Stampa)
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