Rompicapo facili per affrontare il caldo della politica cercando di capire che succederà
Milano 24 Luglio – AH, LE PRIMARIE – Ogni volta che si parla di primarie, c’è chi vorrebbe mettere mano alla pistola: sui due fronti. L’anno scorso fu Pierfrancesco Majorino ad accontentarsi di qualche giorno in montagna. Nel 2013 ci fu il lungo balletto di Ambrosoli. Nel 2011, toccò a Pisapia rinunciare alle vacanze. Ora Alessandro Alfieri le primarie vorrebbe proprio evitarle, e a settembre creerà un tavolo di trattativa con Articolo 1, dove c’è Onorio Rosati che continua a chiederle, anche se non in pubblico. Pure i cattolici zona Fabio Pizzul invocano l’allargamento del campo tramite consultazione popolare. E Beppe Sala, che in un primo tempo aveva benedetto Giorgio Gori, ora si fa analitico e spiega che visto che c’è tempo le primarie si possono fare. E il sindaco di Berghem? Alla Festa dell’Unità viene accolto con un applauso, mentre fa un giro e si accomoda a mangiare proprio di fianco a Beppe. Se l’uscita di Sala è concordata (e pare lo sia), le vacanze quest’anno Giorgio le passerà in giro per le strade della Lombardia.
IL FUTURO ALTERNATIVO – A Milano c’è chi stima davvero tanto Giorgio Gori. Così come buona parte della nomenklatura che conta, sotto la Madonnina, ritiene Roberto Maroni un candidato tanto forte da risultare (quasi) imbattibile. E allora, il ragionamento che si fa tra un gin rosa e l’altro, è il seguente: visto che Gori ha tutte le caratteristiche di capacità amministrativa, di abilità politica, di furbizia comunicativa, di sapienza nel posizionamento (il sì al referendum per l’autonomia all’inizio ha spiazzato, poi ha fatto scuola). Visto che il renzismo ha bisogno di nuova linfa e nuovo talento. Visto che le regionali sono una partita lunga, insidiosa, lontana dalla gente che vive Palazzo Lombardia come meno significativo di Palazzo Marino. Visto che le primarie sono sabbie mobili. Visto tutto questo, forse per Gori si potrebbe suggerire un ruolo più alto, più consono, per un’Italia in perenne ricerca di classe dirigente.
BOSSI C’E’. I BOSSIANI NO – Manco fosse Gengis Khan, Matteo Salvini ha messo in atto una strategia talmente precisa, veloce e feroce da far impallidire il vecchio Umberto, un po’ acciaccato (tanti auguri al leone), che quando c’era da epurare, epurava. Un paio di pugnoni sul tavolo e via andare, che con l’Aurelio (il fido autista) dobbiamo andare in giro per feste popolari. Ecco, il Matteo sta facendo più o meno la stessa cosa. Attualmente sono commissariate, o in mezzo al guado, le segreterie di Crema, Sondrio, Mantova e ovviamente Milano. Qui i fedelissimi di Salvini hanno sfiduciato Davide Boni, militante di lungo corso, vicinissimo a Calderoli e sostenitore dell’ultimo giapponese Gianni Fava, che Maroni ha pensato bene di blindare mettendolo a capo del coordinamento per il referendum per l’autonomia. Insomma, per Maroni, Fava (l’ultimo bossiano) non si tocca. Per Salvini però si toccano tutti gli altri. Così la Lega Nord cambia pelle, mentre si registra forte irritazione a Palazzo Lombardia per la fuga di notizie sulla visita ad Arcore da parte del governatore.Sala, Majorino,
MAJORINO E DINTORNI – Che sia lui, l’interlocutore numero uno del sindaco di Milano, è risaputo. “Primo coprirsi a sinistra”, mormorano i renziani della prima ora (e della seconda, e della terza), per spiegare il comportamento del sindaco. Per altri, invece, il sindaco sta solamente facendo la cosa più logica, considerato che la maggior parte dei consiglieri comunali non è certo renziana. Per altri ancora si sta smarcando da Renzi da circa un anno (ovvero dal primo turno delle amministrative 2016 in poi). Il giochino dell’estate è: cerca di capire la strategia del sindaco. Accettasi rasoio di Occam.
(Il Foglio)
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