Milano 3 Agosto – Scusate, abbiamo scherzato: non c’è nessuna urgenza di abolire i vitalizi degli ex parlamentari. Del resto ci sono onorevoli che li percepiscono «solo» da qualche decennio, avendo incassato 20 o 30 volte più di quanto hanno versato: che volete che sia dunque un mese o un anno in più? Risultato, il provvedimento che finalmente avrebbe dovuto cancellare l’ingiusto privilegio concesso a chi è stato deputato o senatore anche per pochi giorni, da ieri è rinviato a data da destinarsi. Di sicuro non se ne parlerà per almeno 40 giorni, questo infatti è il periodo di ferie che si sono auto concessi gli inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama. Non che sperassimo in una rapida approvazione della legge che mette sullo stesso piano i rappresentanti del popolo con il popolo, applicando anche a loro eguali misure per le pensioni. Ma neppure pensavamo che, dopo essersi fatti belli agli occhi dell’opinione pubblica presentandosi come censori degli sprechi, gli onorevoli del Pd fossero così sfacciati da arrogarsi il diritto di far rinviare la discussione della norma a dopo le vacanze. Lo slittamento infatti equivarrà alla sepoltura della famosa proposta Richetti, dal nome del compagno Pd che l’ha proposta. Sbandierato con enfasi in faccia al Movimento 5 stelle per impedire che quest’ultimo potesse intestarsi la battaglia anti Casta, il provvedimento taglia vitalizi può essere dato tranquillamente per defunto. Il tempo per approvarlo prima della fine della legislatura infatti non c’è, perché tra vacanze e legge finanziaria in un battibaleno saremo in autunno e allora terrà banco la campagna elettorale. Per altro, quand’anche si trovasse lo spazio per farla transitare sui banchi di Palazzo Madama, la legge non avrebbe la possibilità di entrare in vigore perché al Senato non c’è una maggioranza disposta a votarla, Dunque, mettiamoci il cuore in pace: mentre gli italiani vanno in pensione sempre più tardi e con assegni al minimo, decine di onorevoli ci stanno comodi da decenni e con vitalizi al massimo. Tuttavia in questi giorni non è stata affossata solo la legge Richetti, ma pure quella che avrebbe dovuto istituire la commissione d’inchiesta sulle banche. Anche qui, dal Pd erano arrivate promesse per mettere in funzione un istituto che indagasse sui fallimenti degli istituti di credito, accertandone le responsabilità. Renzi in un’intervista si era un po’ allargato, dichiarando con una certa strafottenza che ne avremmo viste delle belle. Il segretario del Partito democratico dunque non dava l’impressione di temere la commissione, in particolare non per il crac dell’Etruria, per il quale è indagato il papà del ministro Maria Elena Boschi. Ma dopo le dichiarazioni per il pubblico, ecco arrivare la sostanza. A oggi la commissione non si è potuta formare perché il Partito democratico non ha provveduto a designare i propri rappresentanti. Risultato, semmai il Pd provvedesse a indicare i suoi uomini, la commissione diventerebbe operativa a settembre, giusto in tempo per fissare il calendario delle audizioni e poi archiviare tutto per intervenuta elezione. Mentre i risparmiatori che avevano messo i soldi nelle banche ancora sono in attesa di essere risarciti (e non è detto che lo saranno), la politica, anzi il Pd, se la prende comoda, rinviando ciò che è urgente, come per esempio appurare le responsabilità nella distruzione del risparmio pubblico. C’è una cosa però su cui gli onorevoli sono andati veloci, approvando la legge sul filo di lana, ed è il provvedimento omnibus pensato per distribuire a pioggia un po’ di incentivi elettorali. In altri tempi li avremmo chiamate marchette, adesso un po’ pomposamente è chiamato decreto per il Sud. La sostanza però non cambia: sempre di fondi regalati in vista delle elezioni si tratta. Tra questi ci sono 350.000 euro che hanno mandato in sollucchero il senatore Ugo Sposetti, un baffone noto per avere la chiave della cassaforte dei Ds, in quanto alla fondazione da lui presieduta sono intestati gli immobili che furono del dissolto Partito comunista. Sposetti, da buon compagno, ha proposto di celebrare la scomparsa di Antonio Gramsci, fondatore del Pci, oltre che dell’Unità. Del resto è giusto: Gramsci, morto nell’aprile di 80 anni fa, non può attendere, i vitalizi e gli obbligazionisti che hanno perso tutto con il crac delle banche sì.
Maurizio Belpietro (La Verità)
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