Una risposta liberale allo sciopero selvaggio di Linate e Malpensa

Attualità

Milano 4 Agosto – Licenziateli. Licenziateli tutti. Subito. Ok, va bene, magari la cosa è un tantino eccessiva. Ma la sostanza è quella. Esiste, nella visione della dialettica sindacale liberale, una linea precisa, invalicabile e definitiva da cui non è possibile tornare indietro: quella che divide lo sciopero dal sabotaggio. E quella linea ha a che fare con ciò che si blocca. Se tra privati è accettabile (un se piuttosto grosso, in effetti), che una delle due parti possa, senza rischiare di perdere il proprio status, di violare unilateralmente gli accordi contrattuali, questo non può diventare una bomba che distrugge la fiducia dei cittadini nel controllo che lo Stato ha delle sue prerogative fondamentali. Vi domanderete, forse, come possa un liberale affidarsi allo Stato. In questo caso non ha scelta: è lo stato che mi impone di non licenziare gli scioperanti. Quindi, il problema, me lo causa lui. È una decisione Statale quella di proteggere una delle due parti e consentirle di usare quest’arma. E, come tutte le decisioni di questo tipo, genera distorsioni inquietanti. Infatti, come successo a Linate e Malpensa, a rimetterci non è stato, solo l’aeroporto. Anzi. Il contraccolpo lo ha subito l’intero sistema turistico, in entrata, ma soprattutto in uscita. Contribuendo ad etichettarci, ancora una volta, come inaffidabili agli occhi del mondo. Va detto, però, che il problema non è solo nostro. È che gli altri hanno, diciamolo pure, un’altra tempra nel risolverlo.

5 Agosto 1981. Dopo sette mesi di trattative ed un aumento di spesa di 40 milioni di dollari, i sindacati dei controllori di volo Usa, non contenti dell’aumento di stipendio svariate volte superiore a quello dei colleghi, stanno ancora scioperando. Vogliono diecimila dollari in più. Contro di loro, però, non hanno Gentiloni. Hanno Ronald Reagan. Che decide che la linea tra sciopero e sabotaggio è stata superata. Fa quindi approvare al congresso una legge che consente la revoca de imperio di uno sciopero contro lo Stato. Perché, come nota il Presidente, un conto è una cosa tra privati. Un conto è mettersi contro la collettività. In diretta tv dà l’ultimatum: avete 48 ore per tornare al lavoro. Dopodiché sarete terminati. Licenziati. In tronco. Undicimila disubbidiscono. Undicimila saranno licenziati.

No, le due vicende non sono perfettamente sovrapponibili. Ma il principio è lo stesso. Se scioperi contro un monopolista, naturale o meno, lui non ne risente. Malpensa e Linate non chiuderanno domani. Non possono. Sono i cittadini e gli utenti a rimetterci. E questo non è ammissibile. Almeno non senza regole ferree. Che in questi giorni non sono state rispettate. E davanti a questi ci vuole il pugno di ferro. Per esempio, e questo è sì fattibile, non rinnovare i contratti alle coop coinvolte. Così, per dare un segnale. E ribadire che i sindacati non sono i padroni del vapore.

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