La buona scuola di Renzi dopo 3 anni ancora non funziona

Attualità

Milano 5 Agosto – Dopo 3 anni di buona scuola, anche nel 2017-2018 resteranno scoperte circa 25mila cattedre. E il doppio paradosso è che sarà soprattutto al Nord mentre al Sud resteranno senza cattedre anche i vincitori di concorso: la lunga coda irrisolta delle polemiche sulla “deportazione” al Nord dei messi in ruolo, e del pasticcio della Fedeli per rimediare elettoralmente..

Che incredibile paradosso, quello che si sta realizzando per l’ennesima volta nell’assegnazione delle cattedre scolastiche. Ancora guai e polemiche al Sud, e ancor peggio al Nord.  A tre anni dalla riforma che doveva sanare il problema. E con una coda che resterà irrisolta anche per gli anni a venire.

In questi giorni dalle Alpi alla Sicilia ferve il cantiere scolastico della terza ondata della “messa a ruolo” di nuovi docenti, dopo la prima contestuale alla riforma renziana della “buona scuola”; la seconda attraverso il concorso dell’estate 2016 che ha riservato amare sorprese con tantissimi bocciati; e ora la terza, confermata dal ministro Fedeli appena assunto il dicastero, e concretatasi in altri 52 mila docenti per l’anno scolastico 2017/18. Compresi gli insegnanti di sostegno, si tratta nella scuola dell’infanzia di 4.050 cattedre, nella primaria 11.521, nella secondaria di primo grado 19.936, in quella di secondo grado 15.548 , e 718 nei licei musicali.

Lo abbiamo scritto molte volte. La “buona scuola” nacque perché l’Europa ci ha imposto di mettere termine all’osceno precariato di massa praticato per decenni dalla politica italiana nel nostro sistema scolastico, ai danni di centinaia di centinaia di migliaia di italiani che hanno passato decenni della propria vita inseguendo la messa in ruolo. Il governo Renzi ereditò il guaio, e il risultato è stata una riforma che ancora una volta ha anteposto una visione della scuola “per chi ci lavora”, invece che “per chi la frequenta”. Da tre anni a questa parte, l’assorbimento delle graduatorie dei precari domina le cronache della scuola e le attività sindacali di settore. E il governo si arrabbia con chi nota che occorreva mettere altrettanta attenzione a una modifica sostanziale delle competenze che la scuola offre ai giovani, senza alcuna reale corrispondenza con i profili professionali e tecnici richiesti dalle imprese e dal mondo del lavoro italiani.

Ma tant’è, è andata così. Solo che, a questo punto, era forse – sottolineiamo “forse”, siamo pur sempre in Italia – legittimo attendersi che almeno sulla copertura delle cattedre con insegnanti a tempo indeterminato i guai sarebbero stati risolti. Invece no. Tutt’altro. Ma perché? E qui, come al solito, le risposte divergono.

Se si ascolta il sindacato, la lista di critiche è lunga. Ai sindacati non piacque il famoso “algoritmo” scelto dalla riforma per assegnare i messi in ruolo tenendo conto delle aree dove le cattedre più erano scoperte, cioè al Nord, rispetto alla maggioranza di precari che venivano dal Sud e preferivano il Sud. E dispiacque ancor più che l’allora ministro Giannini vincolasse i messi in ruolo ad accettare la scelte  dell’algoritmo, almeno all’inizio della propria carriera, prima di avere facoltà di scelta. Di qui impugnative massicce ai magistrati amministrativi, in migliaia di casi favorevoli ai ricorrenti.

La vittoria è arrivata con il ministro Fedeli che, incaricata di sanare almeno in parte la protesta venuta dai precari anche con il no al referendum dello scorso 4 dicembre, ha cassato algoritmo e scelta obbligata, ripristinando la facoltà di scelta geografica dei messi in ruolo.

Ma a quel punto i sindacati avevano contestato anche il concorso 2016, che ha riservato l’orrenda sorpresa di una percentuale altissima di non ammessi agli orali, oltre a confermare che magari in diverse classi di concorso i candidati erano di gran lunga inferiori ai posti banditi. E vai con altre polemiche infuocate. Infine, i sindacati contestano anche le 52 mila cattedre in via di assegnazione oggi: ben 37mila sono per coprire il turn over dei pensionati, ne servirebbero altre migliaia e migliaia, dicono.

Il risultato è sotto i nostri occhi. Nelle immissioni in ruolo per l’anno 2017-18 metà è destinata ai vincitori di concorso liberi di riesprimere la propria preferita assegnazione, l’altra metà all’esaurimento dei residui delle graduatorie di precari abilitati.  Col risultato che, per esempio, in Campania delle 3817 cattedre da assegnare oltre 400 sono già appannaggio di diritto di chi, messo in ruolo, era stato incardinato in una regione diversa, ma ha vinto il ricorso amministrativo. Di conseguenza i posti campani risultano pochi, rispetto alle aspettative degli altri vincitori di concorso e residui iscritti nelle graduatorie. Per i quali non resta altra alternativa che sperare nelle nuove assegnazioni di incarichi a tempo, per registrare le quali – oltre 700mila, si tratta di richieste plurime per ogni precario – il MIUR è a più riprese è andato in tilt la settimana scorsa. Mentre, rispetto alle 691 cattedre di sostegno da assegnare in Campania, coloro che hanno davvero i titoli abilitanti previsti sono poche decine, e resteranno dunque o ancora scoperte oppure, nella stragrande maggioranza dei casi, assegnate a chi non ha alcuna abilitazione per l’insegnamento di sostegno.

Ma al Nord la situazione che sta emergendo è molto più grave. In Piemonte la terza messa in ruolo 2017-18 dovrebbe riguardare 4931 insegnanti, di cui 1820 di sostegno. Ma nella grande maggioranza delle classi di concorso i vincitori piemontesi 2016 non vanno oltre un terzo o al massimo la metà delle disponibilità, e le graduatorie a esaurimento non hanno più iscritti residui. I sindacati stessi dichiarano che per gli insegnanti di sostegno si dovrà ricorrere nella stragrande maggioranza dei casi a supplenti di terza fascia delle ex graduatorie di istituto, non abilitati affatto al sostegno.

Nel concorso 2016 per il di sostegno erano a disposizione 6.101 cattedre in tutti e quattro gli ordini di scuola: infanzia, primaria, scuola media e scuola superiore. I docenti che sono riusciti a concludere positivamente tutte le prove, sono finora 3.681 (mancano ancora all’appello gli esiti di 4 Regioni, siamo in Italia).  Ma se si restringe l’esame al Nord, escludendo dal conteggio la scuola materna, ora dovrebbero essere assunti ben 8.967 neo insegnanti di sostegno, dei 12 mila previsti a livello nazionale. Ma poiché i vincitori di concorso nordici sono appena 1.483 e, secondo le analisi dell’Osservatorio diritti scuola, i precari specializzati su sostegno ancora in graduatoria solo 284, oltre 7mila cattedre di sostegno non potranno essere attribuiti ad altrettanti aspiranti al ruolo, ma andranno ai supplenti.

In Lombardia la situazione è analoga, anzi peggiore. Sommando vincitori di concorso e residui in graduatoria per gli insegnamenti per i quali sono previste 4566 cattedre, ben 3947 rischiano di restare scoperte. Una proiezione simile estesa a tutto il Nord indica in 25 mila cattedre scoperte il tremendo rischio flop complessivo dei 52 mila posti complessivi previsti da assegnare entro l’inizio dell’ormai imminente prossimo anno scolastico. Mentre in Sicilia hanno vinto il concorso 2016 in 708, ma le cattedre da assegnare sono 199 di cui solo metà, come detto, per i vincitori di concorso.

Risultato finale. Avremo mezza Italia ancora massicciamente in mano a supplenze. E l’altra metà con migliaia di precari ancor più persuasi di esser stati presi in giro. Un pessimo bilancio, dopo aver deciso ancora una volta che la scuola è per chi ci lavora.

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Oscar Giannino

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