L’animale usato dai suoi aguzzini per scarrozzare i turisti ha terminato la sua ultima corsa e si è accasciato.
Oliver ha resistito fino alla fine. Ha riportato i turisti dove li aveva presi e poi è caduto sull’asfalto rovente come un soldato crolla dopo la battaglia. Esausto, sconfitto. Sfinito dal caldo che toglie il respiro, rallenta i battiti del cuore e incolla la saliva come un chiodo in gola. Le sue zampe possenti hanno ceduto per la fatica. Oliver è morto di caldo e di stanchezza. E nessuno che si vergogni, nessuno che urli “basta”, nessuno che fermi questa crudeltà. Il cavallo era diventato il simbolo di Messina, andava in giro addobbato a festa dai suoi sfruttatori impuniti per la gioia di turisti idioti che salivano sul carrettino pieno di piume e pennacchi colorati protetti da un bel parasole. Loro che si godevano l’ombra della carrozza e che sorseggiavano granite al limone tra un selfie e l’altro, mentre il povero Oliver doveva trascinarli senza tregua né ristoro per sollazzare loro e arricchire i suoi aguzzini. E alla fine della corsa non poteva riposare.
Perché tra un trasporto e l’altro era costretto al rito della fotografia. Lui immobile accanto agli sconosciuti fino allo scatto e poi subito pronto per il prossimo giro. I turisti tornavano a casa con il ricordo di quella passeggiata a cavallo e le foto da mostrare a parenti e amici. «Oh, ma che bello il carrettino siciliano», e commenti che gonfiano il petto a chi non ha neanche il cuore di capire che un cavallo non è un oggetto, un gioco, un robot. Ad agosto in città arrivano i turisti e gli affari aumentano e allora via Oliver, forza.Una corsa dietro l’altra. Il tempo è denaro. Perché fermarti quando il sole picchia duro? Perché pensare che tu possa soffrire a camminare sull’asfalto che si scioglie come burro sotto i tuoi zoccoli? Perché credere che tu possa avere sete e il desiderio di rinfrescarti la gola arsa? Tanto i clienti sono all’ombra e tocca a te tirare il carico sotto il sole. E chissenefrega se sono tanti, se il peso è eccessivo. Tu arrivi sempre a fine corsa. Adesso è troppo, adesso basta. Adesso fermate queste corse incivili, salvate altri cavalli dalla crudeltà e punite gli sfruttatori. Quando Oliver è crollato sotto lo sguardo incredulo dei turisti, si pensava che potesse farcela. Poi è arrivata la notizia che quella era stata la sua ultima corsa. Chissà quante ne ha fatte per morire così, senza più fiato né forza. Sembra una storia che arriva da un secolo fa, invece è la cronaca triste di un giorno d’estate del 2017. Di Oliver resta il rumore dei passi per le vie di Messina. Costretto a sfidare quaranta gradi ad agosto e il freddo d’inverno, il trambusto dei clacson delle auto quando il traffico s’intasa e l’impazienza aumenta. Restano le sue foto in chissà quante case di chissà quanti cretini che si sono fatti portare in giro. Resta la rabbia dei suoi aguzzini che non possono più far soldi. E a noi viene da chiedergli scusa per quel riposo negato, per quell’acqua che non ha bevuto, per l’umana cattiveria.
LUCIA ESPOSITO (Libero)
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