Viaggio a Porta Venezia per un percorso romantico che attraversa la storia

Milano

Milano 15 Agosto – Oh poter essere una turista per la prima volta a Milano! Non aver mai visto il nostro Duomo nemmeno riprodotto, potergli capitare di fronte, restarne incantata. E se dopo qualche giorno in città, dopo aver visitato tutto il doveroso visitabile, avanzasse ancora una mezza giornata libera? Ammettiamo di essere alloggiati in zona Porta Venezia, valigie già pronte affidate alla reception, sgattaiolerei fuori facendomi indicare la via Malpighi (la g seguita dall’acca si legge dura), al civico numero 3 c’è la meravigliosa Casa Galimberti (architetto Giovanni Battista Bossi), anzi non è una via, è una vietta, molti stranieri sono furbescamente dotati di seggiolino pieghevole, ecco lo piazzerei sul marciapiede di fronte al numero 3 e mi siederei per osservarmi in pace ben bene tutti i decori della facciata, di liberty ne trovi fin che vuoi a Milano, ma questo è più di un liberty, un liberty fiorito di verde, ceramiche dipinte a fuoco con motivi floreali e figure femminili come affacciate al balcone.  Dopo un po’ chiuderei il mio seggiolino, ma solo per spostarmi su uno di quelli della vicina gelateria, lì, all’inizio di Corso Buenos Aires, a sua volta vicina a un minuscolo fiorista che espone ciotole di petali di rosa, non ho mai osato chiedere quanto costino all’etto. Poi, come un Renzo Tramaglino passerei per Porta Venezia (per lui Porta Orientale), ma io solo per andare a sedermi un po’ sotto i meravigliosi alberi dei Giardini Montanelli.

Anzi, prima di varcare i cancelli attraverserei la strada per lanciare uno sguardo alla bella Piazzetta Eleonora Duse. Appena varcati, sarà necessario scegliere tra il Planetario con cupolina in rame o il Museo di Storia Naturale, o c’è tempo per tutte due le visite? Da peccaminosa forse punterei su un secondo gelato, questa volta all’interno del parco, al Bar Bianco, da passeggio però, sono Giardini troppo belli (progetto del Piermarini) per non essere gironzolati tutti, hanno alberi antichi e fiabeschi, tra i quali la quercia sotto la quale sostava Montale. Più di tutto è bello terminare il gelato sulle panchine di fronte alla grande fontana, guardando dietro gli spruzzi d’acqua Palazzo Dugnani, dove aveva sede la Civica Scuola Manzoni. Là, mentre i prof spiegavano, noi ascoltavamo le risate estroverse delle foche, qualche ruggito e il barrito del povero elefante con occhiali da pagliaccio, costretto a girare il cartello «Attenti ai borsaioli». 

Infine il turista non dimentichi di passare dal monumento in bronzo dorato dedicato a Indro Montanelli. Il tempo gli ha donato una patina più umana. È lui, proprio lui identico, seduto su una pila di giornali e chino a battere i tasti della sua Lettera 22. Intorno ha come una stanzetta, il turista non lo sa, ma la sua rubrica sul Corriere si chiamava «La stanza di Montanelli».

 Vivian Lamarque (Corriere)

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