Milano 22 Agosto – Dopo oltre 200 anni di storia, l’Arma dei Carabinieri si appresta ad abbandonare le città per lasciare campo libero alla Polizia di Stato.
La svolta, anticipata nel decreto legislativo n. 177 dello scorso anno, è stata annunciata dal ministro dell’Interno Marco Minniti durante la tradizionale conferenza stampa di Ferragosto.
Il provvedimento attuativo, contenuto in una direttiva del Viminale avente ad oggetto la “razionalizzazione della dislocazione dei presidi delle Forze di polizia”, ha già avuto il via libera del capo della polizia Franco Gabrielli e del comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette.
Il futuro assetto delle Forze dell’ordine, dunque, “privilegerà l’impiego della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell’Arma dei Carabinieri nel restante territorio”.
La decisione, va detto, era nell’aria da molti anni. Da circa un quarto di secolo, infatti, i governi puntano alla chiusura delle stazioni dei carabinieri nelle città.
Il primo fu Giorgio Napolitano, ministro dell’Interno nel primo governo Prodi: con un decreto del 1998 dispose che il presidio dei centri urbani dovesse essere effettuato dalla polizia.
Dopo qualche mese, però, il governo Prodi cadde e tutto restò come prima.
Poi fu il turno di un altro ministro dell’Interno, il forzista Beppe Pisanu. Anch’egli, nel 2006, emanò delle direttive che prevedevano lo sfratto dei comandi dell’Arma dai comuni capoluogo. Ma anche questa volta, complice la fine della legislatura, non successe nulla.
Ora ci riprova Minniti, colui che, pur essendo di sinistra, in pochi mesi si è imposto come uomo “forte” nello scenario politico nazionale.
Le resistenze, a parte gli endorsement di facciata, sono fortissime.
Lasciare le città significa non solo perdere “prestigio” ma, soprattutto, contare meno nei confronti dell’Autorità giudiziaria.
E’ evidente che, sotto l’aspetto operativo, le indagini che “contano” e che hanno risalto “mediatico”, ad esempio Mafia capitale, Consip, Ruby, tanto per fare esempi recenti, si facciano in città e non in provincia.
L’Italia, va però detto, è un caso unico fra i paesi occidentali, disponendo di due forze di polizia con competenza generale, la polizia ed i carabinieri, che svolgono gli stessi compiti senza alcuna distinzione per territorio o per materia.
Tralasciando gli ovvi problemi di coordinamento, mai effettivamente risolti, un simile apparato di sicurezza era diventato oltremodo dispendioso. Per motivare la decisione, il Viminale sottolinea sul punto che si è tenuto conto “dei mutamenti intervenuti nello scenario economico e sociale del Paese, dell’evolversi della minaccia criminale nonché delle innovazioni introdotte dalle normative di settore”.
Fra i primi a criticare la decisione di Minniti si segnala il gruppo di Fratelli d’Italia. L’onorevole Edmondo Cirielli, peraltro ufficiale dei carabinieri in aspettativa per il mandato parlamentare, parlando di scelta “gravissima” che realizza il “vecchio piano comunista per ruralizzare l’Arma”, ha già chiesto a Minniti di chiarire quanto prima cosa abbia intenzione di fare.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.