I dipendenti che riportano i più alti tassi di produttività sono quelli che trascorrono fuori dall’ufficio fino all’80% dell’orario di lavoro. Le quattro regole stilate dal Massachusetts Institute of Technology per trasferire il lavoro dall’ufficio a casa.
Dipendenti a casa? Aumenta la produttività
Una (buona) connessione e un computer portatile. Talvolta anche solo uno smartphone. Lavorare da casa è ormai una pratica diffusa. Per i liberi professionisti non è certo una novità. Ma i dipendenti che riportano i più alti tassi di produttività sono quelli che trascorrono fuori dall’ufficio fino all’80% dell’orario di lavoro.
Eppure la statistica redatta dall’istituto Gallup sul mercato del lavoro americano restituisce un quadro parziale dello smartworking. Dopo anni in cui i grandi gruppi mondiali scommettevano sul lavoro da casa, diverse multinazionali hanno fatto marcia indietro. Dal mese scorso gruppi come Ibm e Bank of America non concedono più ai dipendenti di lavorare da casa. Il gigante delle ricerche Yahoo — come riportato dalla Mit Sloan Management Review — aveva fatto marcia indietro già nel 2013. L’ex amministratore delegato Melissa Mayer sosteneva come lavorare fianco a fianco consentisse ai dipendenti di rendere più semplici le comunicazioni e i progetti da portare a termine in gruppo.
In remoto risiede la conoscenza superiore
Eppure le cose sarebbero potute andare diversamente, se le aziende avessero seguito le quattro regole stilate da un gruppo di lavoro del Massachusetts Institute of Technology. Trasferendo il lavoro dall’ufficio a casa, non è semplice raggiungere standard comunicativi efficienti e utili ad incrementare la produttività.
La prima regola, banalmente, sarebbe quella di cogliere la palla al balzo e sfruttare il capitale di conoscenza diffusa. Non solo, quindi, puntare a trasferire il lavoro dall’ufficio a casa. Ma grazie a Internet, provare a sfruttare la rete per allacciare rapporti con le migliori professionalità dei cinque continenti. In altre parole: «Attingere alla conoscenza superiore che risiede in luoghi remoti», scrivevano già nel 2009 gli autori Frank Siebdrat, Martin Hoegl e Holger Ernst. Una pratica resa possibile dalla rete, che pone i migliori professionisti a distanza di un clic.
Responsabilizzare chi lavora da casa
L’evanescenza dei rapporti personali tra colleghi che lavorano a distanza potrebbe portare però all’insorgere di incomprensioni e tempi di risposta lunghi. La soluzione? «Rendere cosciente ciascun dipendente, assegnandogli ampio margine per risolvere le controversie in autonomia. Del resto il responsabile della struttura di lavoro virtuale non può avere lo stesso rapporto diretto e il medesimo controllo delle dinamiche aziendali da ufficio».
Organizzare riunioni analogiche
Le riunioni di lavoro restano in cima agli appuntamenti più odiati dai dipendenti. In molti le considerano occasioni ben poco produttive. Eppure potrebbero tornare utili proprio in un contesto di lavoro virtuale diffuso.
Scrivono gli autori: «Gli incontri fisici possono rinsaldare i rapporti personali tra colleghi così da incoraggiare in seguito l’utilizzo delle più moderne tecnologie per mantenere comunicazioni efficienti. Ma sporadiche riunioni in ufficio rafforzano anche l’appartenenza al gruppo di lavoro e all’azienda».
Favorire la diversità culturale
Proprio perché la rete ha reso possibile ciò che fino a buona parte del secolo scorso era inimmaginabile, sarebbe un peccato non sfruttare l’inedita evanescenza delle distanze geografiche per allacciare rapporti professionali dall’altra parte del mondo.
«Lavorare anche virtualmente con professionisti da tutto il mondo rende i dipendenti orgogliosi di far parte di un gruppo di lavoro internazionale. Il diverso approccio al lavoro in altri mercati, può favorire la risoluzione di controversie anche in un ambiente di lavoro virtuale».
Da Enel a Barilla, lo smartworking in Italia
Il lavoro da remoto ha ormai preso piede anche nel nostro Paese. Grazie ad intese con le principali sigle sindacali, diversi gruppi consentono ai dipendenti di non recarsi in ufficio per diverse ore a settimana. Enel ha puntato sull’organizzazione libera del lavoro affidata ai dipendenti, che potranno decidere per un giorno alla settimana di operare da casa o da qualunque altro luogo.
L’opportunità che fino a oggi ha riguardato in maniera sperimentale circa 500 persone, d’ora in poi sarà rivolta a una platea potenziale di 7.000 lavoratori. L’obiettivo di Barilla invece «è offrire a tutta la popolazione impiegatizia la possibilità di lavorare nella modalità smartworking per il 100% del proprio tempo lavorativo entro il 2020». Il che, tradotto in cifre, significa smobilitare potenzialmente dall’ufficio molti degli 8 mila dipendenti che l’azienda ha nelle sue 29 sedi in tutto il mondo. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, dei potenziali 5 milioni di smart workers che ci saranno in Italia nei prossimi anni, 1,3 milioni saranno della Pubblica Amministrazione. Del resto su proposte del Ministro Marianna Madia, entro il 2020 almeno il 10% dei dipendenti della Pubblica Amministrazione potrà lavorare da casa.
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