Galleria: una storia di amori e odi. Al restauro ora manca la cupola

Milano

Milano 27 Agosto – Che palle le palle del toro! Schiacciare i testicoli della povera bestia è una credenza pagana, ma fu reintrodotta a Milano nel 1867 dopo l’inaugurazione della Galleria. Che in «salotto» si pestino gli attributi per ottenere forza non sarebbe cosa; ma è talmente in uso che l’amministrazione li ha protetti con un bronzeo perizoma. Il toro è il simbolo di Torino e la Galleria Mengoni è un arabesco di icone e stemmi: nelle lunette della volta ci sono pure le allegorie dei quattro continenti: Africa, Asia, Europa e America. E l’Oceania? Rien a faire , siam fermi ai tempi del soffitto di Tiepolo a Wurzburg. Lì, dall’alto – 32 metri lungo i lati, 47 all’Ottagono -fu l’ultima immagine della Galleria che vide il suo progettista, Giuseppe Mengoni prima di… scivolare o, meglio, lasciarsi cadere da una impalcatura. Era il 30 dicembre 1877, prima della seconda inaugurazione. Temeva che la volta cadesse, come aveva confidato all’amico Leone Fortis.

L’idea di una via che collegasse il Duomo alla Scala fu promossa dal solito Carlo Cattaneo a fine anni Trenta. Dapprima si pensò di realizzare una strada e fu abbattuto il Portico dei Figini. Poi si cambiò idea e nel 1863 il progetto di Mengoni risultò vincitore. La sua galleria neorinascimentale in ferro (353 tonnellate) e vetro è una tipologia che nacque durante l’Expo londinese del 1851, quando Paxton progettò il Crystal Palace. L’appalto per la costruzione di questa tipica galleria commerciale fu affidato all’inglese City of Milan: si iniziò nel ‘65 e il 15 settembre 1867 ebbe già luogo la prima inaugurazione. Poi i costi lievitarono e il Comune dovette intervenire – quindi c’è una tradizione rispettata! In Galleria si insediarono il Caffè Campari e Savini, poi altri storici locali oggi messi alla porta dalle gare d’affitto. Di qui passarono Verdi e Toscanini con le partiture sottobraccio e qui sbevazzava l’irregolare Carrà, che dalle scuole serali del Castello veniva a tirar notte. Vi scoppiavano anche i tumulti immortalati da Boccioni: il primo il 25 settembre ‘67 per l’arresto di Garibaldi.

A Verri faceva schifo la Scala; a Delio Tessa la Galleria. «Si è sbagliato dal giorno che han buttato giù il Coperto dei Figini per sostituirlo colla Galleria. La deprecabile mania del mastodontico è cominciata da lì». Che penserebbe del grattacielo di Isozaki e degli altri dinosauri della Jurassic Milan?
La Galleria è stata risistemata per l’anniversario, ma già due anni fa per l’ Expo fu spolverata dalle maison di moda: 13.500 metri quadrati di superficie, 88 vetrine, 330 cornici con grottesche, paraste e omenoni… Oggi la si può vedere anche dal sopra: da un lato salendo all’Osservatorio della Fondazione Prada, dall’altro al ristorante Dodici gatti. In mezzo è stato riaperto il camminamento sopra l’estradosso (ingresso dal ristorante Pavarotti). Si vede la Milano moderna, con i costoloni della cupola un po’ ammalorati, cioèdélabrée’ , quindi molto chic

PierLuigi Panza (Corriere))

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