Milano 27 Agosto – (…) Abbiamo detto da sempre che non si può identificare l’Islam con pochi folli fanatici, ma è altrettanto vero che il cosiddetto Islam moderato troppo spesso non interviene in modo netto prendendo le giuste distanze. Spetta quindi a noi cercare di non soccombere davanti alla legittima paura, ma per farlo occorre individuare con tutte le istituzioni una ferma e decisa reazione da adottare. All’indomani dell’attentato di Nizza della scorsa estate il presidente Maroni decise insieme alla sottoscritta di intraprendere alcune azioni mirate per contrastare ogni tipo di fanatismo religioso, nei limiti del potere d’azione di un ente come la Regione. Come tutti sappiamo materie di questo tipo sono di stretta pertinenza nazionale, eppure abbiamo ritenuto che alcune misure di controllo e prevenzione potessero passare attraverso anche strumenti di tipo urbanistico. Per avere un quadro sulla Lombardia, va ricordato che la nostra regione conta poco più di 10 milioni di residenti e secondo l’ultimo censimento 1.150.000 circa di questi sono stranieri, che corrispondono al 25% sul totale italiano. Il 36,1% dei cittadini stranieri residenti in Lombardia professa il credo islamico. Numeri importanti, che con la rapida crescita della popolazione immigrata ci hanno portato a considerare necessaria una regolamentazione dei luoghi di culto che sono proliferati.
L’intervento legislativo è andato a normare aspetti tecnici volti a regolamentare le cosiddette attrezzature per servizi religiosi. Si chiede ad esempio la presenza di strade di collegamento dimensionate, di corrette opere di urbanizzazione primaria, di distanze tra le aree e gli edifici da destinare alle diverse confessioni, uno spazio per il parcheggio pubblico. Si tratta di interventi urbanistici che servono a contrastare il proliferare di centri abusivi, che senza alcuna minima regola finiscono nelle mani di associazioni islamiche che nessuno riesce a controllare. Dalle prime ricostruzioni investigative spagnole sembra che uno dei giovani attentatori avesse adibito una delle stanze di casa come luogo di preghiera frequentato forse anche da altri. Evitare quindi situazioni di questo tipo potrebbe essere molto più utile di quello che si possa credere. Ecco perché tutte le istituzioni dovrebbero seguire la strada intrapresa da Regione Lombardia affinché con l’appoggio fondamentale dei sindaci si possa monitorare in modo meticoloso la nascita di potenziali pericoli.
Credo però necessarie anche alcune considerazioni. Partendo dal fatto che la Costituzione sancisce la possibilità per ogni cittadino di professare liberamente il proprio credo. Regione Lombardia non si è mai sognata di contrastare questo inalienabile diritto; ci siamo semmai posti la volontà di non cedere il passo di fronte alla tutela di altri diritti costituzionali. Oltre al concetto di «buon costume» contenuto nell’articolo 19 vi sono limiti impliciti che derivano dalla necessaria tutela di altre libertà previste dalla Carta. Normare la libertà di culto non vuol dire limitarla, ma inserirla in una maggiore tutela nel rispetto degli altri diritti. Una testata ha presentato una mappatura dei centri culturali islamici redatta dai rappresentanti nazionali dell’Ucoii e fornita al ministero degli Interni. Secondo tali dati, in Lombardia sono circa 250 le associazioni culturali musulmane. Eppure i dati che abbiamo in possesso dopo la nostra mappatura che ha coinvolto i circa 1.500 sindaci della Regione offrono un quadro assai diverso. Considerando però che alcuni Comuni non hanno ritenuto doveroso rispondere, ci chiediamo quante siano le associazioni di fede islamica che sfuggono al controllo. Cosa succede in tali associazioni? Chi le gestisce e cosa si professa? Questo però spetta al ministro Minniti e alle forze dell’ordine stabilirlo. Da parte nostra, continueremo a monitorare il territorio perché Regione Lombardia ha deciso di salvaguardare la sicurezza di tutti i lombardi e di tutti gli italiani.
Viviana Beccalossi
* Assessore regionale Urbanistica
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