Milano 4 Settembre – La giunta di Milano e il fumantino assessore Pierfrancesco Majorino, in particolare, dovrebbero spiegarci una cosa. Anzi, chiediamo loro una rassicurazione. Abbiamo letto attentamente la “determina dirigenziale” che sul tema dell’ accoglienza e dell’ immigrazione, il 24 agosto scorso, assegnava all’ Arci la gestione di alcuni nuovi “sportelli antidiscriminazione”, e già qualche tempo fa, su queste pagine, pubblicammo parte del bando in questione senza che fosse però chiarissimo di che cosa si stesse esattamente parlando. Ecco: non lo capiamo neanche ora. Si leggeva di “sportelli territoriali antidiscriminazione per etnia, religione e nazionalità” oltre a cose di cui magari parleremo un’ altra volta, come gli eventi con le associazioni di migranti, i focus group, il torneo “Coppa Democrazia Africana”, l’ associazione “Arbitri latini” e insomma ciò che giustificherà la spesa di 27mila euro legati al fondo europeo Fami, che vuol dire Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione.
Noi di Libero, in agosto, pubblicammo lo sbrigativo titolo “Il Comune aiuta gli immigrati a denunciare gli italiani”: ma oggi che gli sportelli stanno finalmente per partire – questo ci risulta – siamo punto a capo, ne sappiamo quanto prima. Dal contratto apprendiamo della “Istituzione e promozione di 3 sportelli antidiscriminazioni come strumento di ascolto, orientamento, sostegno e consulenza legale a disposizione dei cittadini italiani e migranti vittime o testimoni di forme discriminatorie”, il tutto peraltro con orari un po’ tirchi: uno alla Casa dei Diritti di via De Amicis (4 ore a settimana), uno all’ Immigration Center di via Scaldasole (2 ore ogni quindici giorni) e uno al circolo Arci Metissage di via Borsieri (due ore ogni quindici giorni). Per farla breve: di che si tratta?
Che roba è? Perché vedete, potrebbe anche sembrare una cosa brutta. Nel contratto c’ è scritto soltanto, oltre a quanto già detto, che lo sportello è “rivolto a vittime di discriminazione e persone che hanno assistito ad atti discriminatori, con avvio di una campagna informativa specifica per incentivare l’ accesso di questi ultimi”. Come a dire: milanesi, accorrete allo sportello a denunciare i razzisti.
Non è così? Abbiamo capito male? Perché in caso contrario sembrerebbe una specie di ufficio delazioni. Cioè: le discriminazioni di cui stiamo parlando, quelle degli sportelli, dovrebbero essere dei reati: razziali, etnici, religiosi o nazionali. Sono puniti dalla legge, e se ne occupano di norma le forze dell’ ordine e la magistratura: non l’ assessorato alle Politiche sociali o una prestazione appaltata all’ Arci di Milano. Lo sportello sarà senz’ altro un passaggio di “ascolto e orientamento e consulenza legale”, ma in pratica come si traduce? Chiediamo: il tizio allo sportello alla fine che fa, fornisce il numero del magistrato? Indica il commissariato più vicino? Incoraggia o sconsiglia?
È, in pratica, una camera di compensazione tra chi subisce e vede del razzismo (o questo crede di subire e vedere) e i corridoi della procura? Fatecelo capire, perché dovete ammettere che – scritto così, presentato così – forse i dubbi non vengono solo a noi di Libero. Anche perché non stiamo parlando di reati perlopiù netti, flagranti, innegabili o sempre oggettivi: siamo tra i reati di opinione e stiamo vivendo un periodo caotico in cui le discriminazioni anche indubbie, a opera di razzisti veri, si accompagnano a discriminazioni fantasma denunciate da gente che vede il razzismo veramente dappertutto, e magari non vede l’ ora di denunciare questo e quello con la legittimazione di un ragazzotto dell’ Arci pronto a comprenderlo e a consigliarlo. A spese del Comune.
E pare brutto, messo così: potrebbe contribuire a creare un clima di sospetto anche peggiore. Se invece non fosse così, e se si trattasse invece del solito travisamento giornalistico – ma giustificato, se permettete: dal contratto non si capisce niente, e niente Majorino ha spiegato – allora ci sentiremmo molto meglio, ma al tempo stesso non capiremmo a che accidenti servano questi sportelli. Assistenza sociale? Due ore ogni quindici giorni? O, forse, a fare una cosa un po’ demagogica, per dire “abbiamo anche lo sportello”? Noi speriamo di no, e vorremmo essere rassicurati, come detto: sarebbe per noi un piacere, e per Majorino, se non lo disturba, un dovere.
Filippo Facci (Liberoquotidiano)
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