Milano 5 settembre – “Gli odiatori sono sempre esistiti. Ultimamente, però, hanno preso il sopravvento”.
Selvaggia Lucarelli, giornalista del Fatto Quotidiano e conduttrice televisiva, ha una pagina Facebook seguita da oltre un milione di persone. Un numero elevatissimo che neppure l’ex premier Matteo Renzi, noto per la sua passione per i social, riesce ad eguagliare.
Come hai iniziato?
Mi sono avvicinata ai social in maniera del tutto causale. Io ero un’attrice di teatro. Poi, agli inizi del 2000, iniziai con un blog che ebbe notevole successo. Mi resi subito conto di avere una grande passione per la scrittura. Il blog inoltre ha facilitato molto il mio rapporto con il lettore, potendo scrivere senza per forza aver bisogno di un editore.
Per quanto riguarda invece Facebook?
Molta casualità anche qui. Devo dire anzi che all’inizio non avevo ben capito le sue potenzialità.
I social hanno rivoluzionato il modo di comunicare?
Certamente. Il primo effetto è stato quello di abbattere le distanze. Oggi chiunque dal divano di casa può in tempo reale interagire con il presidente del Consiglio. Un fatto impensabile fino al decennio scorso.
Come disse Umberto Eco, però, “i social media danno diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e venivano messi a tacere, ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel…..
Questa è una delle conseguenza di aver abbattuto le distanze. Tutti si sentono legittimati ad esprimere la propria opinione su qualsiasi argomento. Dalla geopolitica alle ricerche spaziali pur senza avere la minima competenza in materia.
Sui social si possono esprimere giudizi di valore in totale libertà.
Ed il passo per diventare odiatori è breve… I social sono diventati il luogo per eccellenza dove sfogare le proprie frustrazioni.
Il tuo primo odiatore?
Appena aperto il mio blog nel 2000, una giornalista del Messaggero mi scrisse frasi molto dure criticando aspramente quello che stavo facendo. Credo pensasse che volessi invadere il suo spazio e non mi riteneva all’altezza.
Puoi fare un profilo dell’odiatore medio?
L’hater è trasversale. Dallo stimato professionista al giovane disoccupato. Non esiste una categoria sociale ben precisa. La possibilità di nascondersi dietro un nick name aiuta molto questi personaggi.
A proposito di odiatori, le tue battaglie contro i gruppi social che incitano all’odio e alla violenza sulle donne, sui disabili e sui gay sono ormai celebri.
La scorsa settimana sono riuscita a far chiudere 4 di questi gruppi. Voglio ricordare che tali gruppi hanno effetti negativi sui giovani, provocando anche episodi di bullismo. Senza dimenticare i tragici episodi come quello di Tiziana Cantone. Facebook inizialmente aveva un atteggiamento “morbido”, adesso ha capito che è necessario intervenire in maniera tempestiva.
Oltre alle segnalazioni cosa si può fare?
Io sono drastica. Cerco di risalire agli amministratori di questi gruppi e poi pubblico le loro foto con nome e cognome. Le persone devono sapere chi sono questi personaggi.
Una sorta di gogna?
Assolutamente no. Non capisco perché quando una persona nella vita reale commette un reato finisce immediatamente su tutti i giornali e quando i reati vengono commessi nella rete ci debba essere una sorta di zona franca dove tutto viene perdonato con la giustificazione della “goliardia”. Queste persone commettono quotidianamente una sfilza di reati, dalla diffamazione all’ingiuria, passando per la calunnia e la violazione della privacy. Il tutto in una sorta di impunità totale.
Effetti?
Immediati. Molti si cancellano, altri mi scrivono in privato chiedendo scusa e pregandomi di evitargli problemi in famiglia o sul lavoro.
Hai paura di ritorsioni?
Da quando ho iniziato questa battaglia sto più attenta. Parliamo di gruppi seguiti da milioni di persone. Il pazzo può esserci sempre. Ma senza arrivare a gesti estremi, ci sono soggetti che appena scoprono che vado in una trasmissione televisiva oppure in un locale per presentare un libro, gli scrivono subito dei post di fuoco!
Fb ha svelato la vera natura dell’essere umano.
Più di Freud e decenni di studi di psicologia. Pensi che la tua collega d’ufficio sia una persona riservata e poi vedi che è una narcisista compulsiva visto che posta 50 selfie al mese su Instagram. Oppure leggi il commento: “gli immigrati devono affogare tutti e diventare mangime per i pesci” e scopri che l’autore è un vegano buddista.
La situazione sta degenerando?
Si. Da un paio di anni. Complice anche il diverso modo di fare politica sempre più urlato e dove l’insulto è la normalità.
Possibili soluzioni?
Oltre a regole più stringenti per i social, c’è bisogno di una maggiore educazione e una seria campagna informativa per spiegare i danni che questi comportamenti possono causare alle persone deboli ed indifese.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.