Milano 12 Settembre – A dire certe cose di Antonio Di Pietro – tipo che l’ex pm ha costruito il consenso politico sulla paura delle manette, demonizzando qualsiasi avversario politico e dipingendo un’intera classe dirigente come una masnada di criminali – si rischiava di passare subito per biechi antidipietristi difensori di tangentisti e corrotti. Almeno fino ad oggi.
Perché ora, a dire certe cose di Antonio Di Pietro, è proprio l’ex magistrato. La confessione, o se preferite il mea culpa, arriva durante un collegamento video con lo studio di “L’Aria che tira estate”, trasmissione condotta da David Parenzo su La7.
Mancano pochi minuti a mezzogiorno, e il dibattito in studio si trascina, un po’ stancamente, sulla propaganda di alcuni partiti che speculano sull’infondato timore della diffusione di malattie letali legate all’arrivo dei migranti, quando Di Pietro coglie l’occasione per ammettere le proprie “colpe”. “Se si cerca il consenso con la paura, lo si può ottenere a 3 giorni, a un’elezione, ma poi si va a casa. Io ne sono testimone, ché ho fatto una politica sulla paura e ne ho pagate le conseguenze”. Sgomento e incredulità tra gli ospiti, ma solo per un attimo. Poi subito scatta l’applauso, con Parenzo che chiede all’ex leader dell’Italia dei Valori di chiarire meglio il significato delle sue dichiarazioni: “In che senso, paura?”.
Risponde Di Pietro: “La paura delle manette, la paura del, diciamo così, ‘sono tutti criminali’, la paura che chi non la pensa come me è un delinquente e quant’altro. Poi alla fine, oggi come oggi, avviandomi verso la terza età, mi rendo conto che bisogna rispettare anche le idee degli altri”.
Lo stupore per questa inattesa, feroce autocritica, è enorme. Tanto che sia l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, sia la deputata berlusconiana Laura Ravetto insieme alla collega renziana Simona Malpezzi, restano indecisi su come reagire. Il primo a parlare è Luigi Crespi, ex sondaggista di fiducia del Cav, che soddisfatto afferma: “Questo è un pezzo di storia”.
Cui si aggiunge, subito dopo, anche un passaggio su Tangentopoli: “Io porto con me una conseguenza. Ho fatto l’inchiesta Mani Pulite, con cui si è distrutta l’intera Prima Repubblica: il male, e ce n’era tanto con la corruzione, ma anche le idee. Ed è così che sono nati i cosiddetti partiti personali: Di Pietro, Bossi, Berlusconi e quant’altro. Ovvero partiti che hanno al massimo il tempo della persona”.
A qualcuno, certo, potrà forse apparire tardivo, questo radicale ripensamento. A qualcuno perfino sospetto, arrivando a pochi giorni di distanza dall’annuncio semiserio dello stesso Di Pietro su un suo eventuale ritorno in politica – magari tra le schiere dei bersaniani di Mdp. Intanto, comunque, la deposizione può essere messa agli atti. Poi si vedrà.
Valerio Valentini (Il Foglio)
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