Milano 13 settembre – Il Tribunale di Milano “non ritiene di dover dichiarare Fabrizio Corona delinquente professionale” perché “la natura prettamente fiscale e le concrete modalità del reato per il quale l’imputato è stato giudicato colpevole non consentono infatti di ritenere, alla luce della ricostruzione complessiva dei fatti e della lontananza nel tempo delle condotte che hanno dato origine alle precedenti condanne, che egli viva abitualmente del provento dei reati”. Lo scrivono i giudici Guido Salvini, Andrea Ghinetti e Chiara Nobili nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 12 giugno, l’ex ‘fotografo dei vip’ è stato condannato a un anno di reclusione per un illecito tributario, contro i 5 anni richiesti dalla Dda. Con quella sentenza erano quindi cadute alcune delle contestazioni principali dell’ultimo processo in ordine di tempo a carico di Corona: tra i reati non riconosciuti dai giudici, l’intestazione fittizia dei beni su quei 2,6 milioni di euro trovati in parte in un controsoffitto della casa di una collaboratrice di Corona (sua coimputata) in parte in una cassetta di sicurezza in Austria.
I 2,6 milioni di euro, quindi, sono per i giudici ricavi ‘in nero’ di Fabrizio Corona ed è inconsistente l’ipotesi “che certamente aleggiava nel corso delle indagini preliminari” della Dda, secondo cui “le somme sequestrate potessero avere un’origine diversa dall’attività imprenditoriale di Corona e fossero invece, sempre in ipotesi, state in qualche forma a lui affidate da terzi in custodia o a fini di reimpiego”. Come aveva ricostruito la stessa difesa, Corona ha incassato in nero tra il 2008 e il 2012 i circa 1,78 milioni trovati nel controsoffitto. In quel periodo con “l’affiancamento della figura di Belen Rodriguez” ha “certamente moltiplicato” i “i guadagni di quel triennio”. Il fatto che non sia stato giudicato “delinquente professionale ai sensi dell’articolo 105 del codice penale”potrebbe a questo punto agevolare Corona nella richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali. (Repubblica)
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